Araldica Ecclesiastica

di Giorgio Aldrighetti

 

L’araldica ecclesiastica è limitata al solo uso degli ornamenti esterni, segni di dignità, dello scudo.

Chiavi: Una d’oro e l’altra d’argento, disposte a croce di S.Andrea, la prima a destra la seconda a sinistra, con le impugnature verso il basso, spesso legate da un nastro rosso, i congegni, foggiati a forma di croce, verso l’alto. Si pongono dietro o sopra lo scudo papale. Rappresentano la piena autorità del sommo pontefice di amministrare i tesori della Redenzione, meritati da Nostro Signore Gesù Cristo, e di insegnare la sua dottrina con autorità, in memoria del potere soprannaturale di legare e sciogliere, conferito a Pietro ed ai suoi successori da Gesù Cristo. Le chiavi, nell’araldica ecclesiastica, appaiono nel XIII secolo, poste in palo e addossate, con gli ingegni verso l’alto, a destra ed a sinistra. Dal XIV secolo, figureranno, invece, poste in decusse, sopra lo scudo e nel tempo, invece, addossate. Nella simbologia araldica la prima chiave, a destra, d’oro, allude al potere che si estende al regno dei cieli; la seconda, a sinistra, d’argento, simboleggia, invece, l’autorità spirituale del papato sulla terra.

 

Corone: Non più usate. Indicavano le sedi ecclesiastiche detentrici di un titolo nobiliare o ai capitoli canonicali che possedevano il titolo di conte o barone per i loro membri.

 

Croce: La croce doppia, posta in palo dietro lo scudo, e l’ornamento dei patriarchi, dei metropoliti e degli arcivescovi. La croce semplice, posta in palo dietro lo scudo, indica i vescovi. La croce che figura in palo dietro allo scudo ecclesiastico, ricorda la croce astile che anticamente precedeva il papa, i legati pontifici, i patriarchi e gli arcivescovi. Sembra che la croce astile, ad una sola traversa, venisse immediatamente prima della persona del sommo pontefice, già dal V secolo; nel tempo la troviamo anche in uso presso i legati pontifici, in quanto rappresentanti del romano pontefice. Nel 1215 il papa Innocenzo III conferì il privilegio di farsi precedere dalla croce astile, anche ai patriarchi, ma non quando fosse presente il papa o un suo legato; Clemente V (1305-1314) estese tale prerogativa anche agli arcivescovi. Tale croce non è da confondersi, quindi, con quella che tradizionalmente apre le processioni, né tantomeno con la croce pettorale. I vescovi, invece, non ottennero mai l’autorizzazione di farsi precedere dalla croce astile, ma, nel tempo, posero la croce semplice, o ad una sola traversa, come ornamento araldico, accollata dietro il loro scudo.

 

Croce di Malta: Bianca ad otto punte. Si pone con il nastro all’estremità inferiore dello scudo. Per i professi può essere usata come capo di Malta, il Gran Maestro la inquartata nel proprio scudo.

 

Croce dell’Ordine del Santo Sepolcro: Patente accantonata da quattro crocette, il tutto di rosso. Si pone dietro o a lato dello scudo. I grandi dignitari la inquartano nei propri scudi.

 

Croce dell’Ordine domenicano: Gigliata si pone dietro lo scudo.

 

Mazza priorale: Bastone pastorale dritto d’argento termina con un nodo che può avere la forma di un pomo, di un fiordaliso o di una chiesa. Simbolo dei prevosti, priori, maestri del coro o primi cantori. E’ usato dai religiosi che non hanno diritto ad altri ornamenti. Si raffigura, spesso, unitamente al rosario.

 

Mitra:  Copricapo liturgico a forma semi-ovale o piramidale. Vi sono tre tipi di mitra a seconda dell’ornamentazione: la mitra preziosa, la mitra d’oro (aurifregiata), la mitra semplice di colore bianco. Due nastri del colore della mitra, bianchi o dorati, scendono verso il basso, dalla parte posteriore, In origine simbolo del pontefice - riadottata da S.S.Bendetto XVI - e dei cardinali fu concessa nel secolo XI ai vescovi (aurifregiata), abati e canonici (semplice). La mitra, copricapo liturgico, è il simbolo primario dell’ordine episcopale; è insegna pontificale e di conseguenza, appartiene ai vescovi, che sono i veri pontefici, in quanto godono della pienezza del sacerdozio. La mitra, nella forma attuale, è un copricapo a soffietto, di forma rotonda, con le due parti terminanti in punta (cornua), e con la parte posteriore ornata di due infule. Fino alla metà del secolo XII, la mitra, che risultava di forma molto bassa, si portava con le punte sopra le orecchie; dal secolo XIV aumenterà, invece, in altezza e larghezza e verrà sempre di più ornata di ricami e di pietre preziose. A seconda dell’uso, si distinguevano tre tipi di mitra: la mitra semplice, di seta o di tela di lino bianca, con le frange delle infule di rosso, che viene tuttora usata nelle funzioni dei defunti e nel Venerdì Santo; la mitra aurifregiata di tela d’oro, senza nessun altro ornamento, che veniva usata nell’Avvento e nella Quaresima, eccetto le domeniche Gaudete e Laetare e nelle vigilie e nella Messa e nei Vesperi alla cattedra e la terza, la mitra preziosa, ornata di ricami d’oro, seta e pietre preziose, con nelle infule ricamato lo scudo timbrato dal rispettivo cappello ecclesiastico, che veniva adoperata per le solennità, portandosi il prelato all’altare o nelle processioni e nelle benedizioni. La prima testimonianza di concessione della mitra romana ad un vescovo si ha con Leone IX (1049 -1054) che nel 1049 la concesse all’arcivescovo Everardo di Treviri affinché egli ed i suoi successori se ne servissero per l’ufficio ecclesiastico. Due anni dopo lo stesso romano Pontefice la concesse per determinate occasioni anche ai cardinali di Bamberga e Besancon. Ben presto numerosi altri vescovi la ottennero, divenendo, così, la loro insegna principale. Il papa Alessandro III, nel 1063, concesse l’uso della mitra anche all’abate Engelsino del monastero di Sant’Agostino in Canterbury; successivamente numerosi altri abati ne ottennero la concessione Per la simbologia della mitra, il papa Innocenzo III (1198-1216) asserisce che la mitra significa la conoscenza dell’Antico e del Nuovo Testamento. I corni sono i due Testamenti: le infule sono, invece, lo spirito e la lettera. Descriviamo, di conseguenza, lo stemma di Sua Eccellenza Reverendissima mons. Giovanni Battista Piasentini, LXXVII vescovo di Chioggia, dal 1952 al 1976, l’ultimo della serie dei vescovi clodiensi a portare la mitra ed il pastorale nella sua arme, in quanto con L’Istruzione sulle vesti, i titoli e gli stemmi dei cardinali, dei vescovi e dei prelati inferiori del  1969, tali insegne vennero soppresse dagli scudi: “Partito: nel 1°: campo di cielo a tre monti di verde moventi dalla punta, quello di mezzo più alto e sostenente un cestello al naturale, ripieno di erba, di verde e sormontato da una colomba di bianco nell’atto di beccare il cibo per distribuirlo (Carità); i laterali sormontati da un cipresso al naturale (Fede e Speranza) (Religione delle Scuole di carità, Padri Cavanis); nel 2°: d’azzurro al fuoco ardente di rosso, sormontato da una stella di sei raggi d’oro; al capo di San Marco: di rosso al leone passante d’oro, alato e nimbato dello stesso, tenente con la zampa anteriore destra il libro aperto d’argento recante le parole nella prima facciata, in quattro righe, PAX TIBI MARCE, nella seconda facciata, similmente in quattro righe, EVANGELISTA MEUS, con la scritta in lettere maiuscole romane di nero”. Tale presule, che proveniva dalla Congregazione delle Scuole di carità, in vulgo Padri Cavanis, ha caricato, come abbiamo appena osservato, nel 1° del suo scudo lo stemma della congregazione di origine; tale benemerita istituzione, per volontà di tale prelato, è presente in Chioggia dagli anni ’50 dello scorso secolo, con una apprezzata scuola di formazione professionale.

 

Ombrello basilicale: Ha la forma di un parasole aperto per metà, gheronato di rosso e di oro con l’orlo degli stessi colori scambiati tra loro, il sostegno d’oro. Usato con le chiavi dal Collegio Cardinalizio, dalla Camera Apostolica, dalle Basiliche. Con il termine araldico di basilica si intende, infatti, il gonfalone papale a forma di ombrellone a gheroni rossi e gialli; con i pendenti tagliati a vajo e di colori contrastanti, sostenuto da un’asta di rosso a forma di lancia coll’arresto, è attraversato dalle chiavi pontificie, una d’oro e l’altra d’argento, decussate, addossate, gli ingegni, traforati a forma di croce, in alto, rivolti a destra e a sinistra, e legate da un cordone di rosso, terminante, d’ambo le parti, con una nappa dello stesso. Anticamente tale baldacchino, a forma d’ombrellone, serviva per proteggere eminenti personaggi dalla pioggia o dal sole; successivamente venne utilizzato, invece, quale segno di particolare dignità ed onore e veniva posto di fronte al personaggio ragguardevole, in quanto previsto dal cerimoniale d’accoglienza. Si trovava, di conseguenza, nelle basiliche pontificie presenti in Roma, perché doveva essere tenuto pronto per ricevere il sommo pontefice, nel corso delle sue visite; per questo motivo, il gonfalone o ombrello ha assunto la denominazione di basilica ed è divenuto emblema primario per tutte le basiliche del mondo, maggiormente ricamato per le basiliche maggiori rispetto a quelle denominate minori.

 

Pallio: Nastro circolare ornato di croci nere o rosse. Ornamento papale e arcivescovile che si colloca normalmente sotto lo scudo. Il pallio è l’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione del sommo pontefice in quanto rivestito di supremo potere e piena giurisdizione; indica la sua missione di pastore e di guida dei vescovi e dei fedeli. Dal VI secolo, invece, inizia l’imposizione del pallio anche ai metropoliti, per indicare un particolare grado di partecipazione ai poteri del sommo pontefice. Il pallio, attualmente, si compone di un nastro di lana bianca, largo circa sei centimetri, caricato da sei croci di seta nera, portato intorno al collo, con i due lembi pendenti frangiati di nero, l’uno sul petto, l’altro sul dorso ed ornato da tre spille gemmate sul petto, sul dorso e sulla spalla sinistra. Viene confezionato con la lana dei due agnelli bianchi, benedetti il 21 gennaio nella basilica di Sant’Agnese, in Roma. Nella Basilica Vaticana, invece, i pallii vengono benedetti dal sommo pontefice, nel corso dei solenni vesperi dei santi Pietro e Paolo apostoli e conservati, poi, in una cassetta dorata presso la tomba di san Pietro; all’indomani, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, il papa, come da antica tradizione, li consegna ai nuovi arcivescovi metropoliti.

 

Pastorale: Bastone con la parte alta ricurva e la bassa a punta.  Simbolo di vescovi e abati. Si pone dietro o accanto lo scudo, se ornato da un velo normalmente indica delle cariche inferiori al vescovado. Il pastorale, come già ricordato per la mitra, è l’emblema della dignità pontificale. In origine, si componeva di un’asta di legno o di ferro, cimata da una croce; dal secolo XI il bastone venne munito di un riccio e si cominciarono ad usare metalli preziosi, quali l’argento e l’oro e ad adornarlo con pietre preziose e smalti. In origine, il pastorale serviva come bastone per gli evangelizzatori, inviati dalla Chiesa; nel V secolo lo si trova in uso presso alcuni abati e sant’Isidoro di Siviglia, nel 633, in un decreto del IV Sinodo toledano, lo descrive come insegna della giurisdizione dei vescovi. Interessante è a tal punto osservare che i sommi pontefici non portano il pastorale; il motivo risale ad una leggenda del X secolo, riportata da san Tommaso d’Aquino, secondo la quale il vescovo di Roma non ha il pastorale perché Pietro inviò il suo per risuscitare uno dei suoi discepoli; questi si tenne il pastorale e più tardi divenne vescovo di Trier. A ricordo di questo avvenimento il papa porta il pastorale solo nella diocesi di Trier, e mai altrove, e questo per significare che il suo potere non ha confini, poiché il riccio ricurvo significa una limitazione dei poteri.

 

Rosario: Circonda lo scudo dei religiosi che non hanno diritto ad altri ornamenti, spesso viene rafigurato unitamente alla mazza priorale. Se termina con una piccola croce melitense indica i religiosi cavalieri professi del Sovrano Militare Ordine di Malta di San Giovanni di Gerusalemme. Viene usato anche dalle religiose e se unito ad un pastorale indica le abbadesse.

 

Spada temporale: Non più usata. Si poneva dietro lo scudo e indicava il potere di comminare la pena capitale.

 

Tiara: Mitra (copricapo liturgico a forma semi-ovale) guarnita di tre corone d’oro, di due nastri, originariamente neri,  uscenti dalla parte posteriore, di un pomello sormontato da una piccola croce sulla parte superiore. Si poneva sopra lo scudo papale.  È il più insigne fra gli ornamenti esteriori ecclesiastici, emblema primario del papato. Copricapo extra-liturgico in uso, sino al pontificato di Paolo VI, solamente nel corso di grandi solennità ed un tempo nelle processioni, rappresenta la dignità del sommo pontefice nella sua doppia veste di capo supremo della Chiesa e di sovrano dello Stato pontificio, mentre le chiavi simboleggiano la giurisdizione. Per tale motivo, alla morte di un papa, si rappresentava l’arme della Chiesa con la sola tiara, senza le chiavi. Ha un’origine comune con la mitra, somigliando al copricapo frigio, usato alla corte persiana, divenuta poi l’insegna dell’imperatore di Bisanzio. Sembra venisse usata dal tempo del papa Costantino (708-715) come segno del potere temporale. Agli inizi assumeva la forma di un cono alto e acuminato, confezionata con stoffa bianca e con una fascia dorata che circondava l’orlo inferiore. Questo copricapo è da non confondersi dal camelaucum che si trasformò poi in mitra liturgica. Verso il X secolo, la fascia dorata della tiara divenne una corona, che nel XIII secolo sarà sormontata da punte dentellate, chiamata regnum. Con Bonifacio VIII (1294-1303) la tiara mutò leggermente la forma e venne aggiunta una seconda corona, quando con la bolla Unam sanctam il sommo pontefice dichiarò la sua sovranità sopra il mondo; lo stesso papa, poi, sembra, fu il primo a timbrare il proprio scudo gentilizio con la tiara, mentre per altri autori la tiara inizia a timbrare lo scudo papale solo con Giovanni XXII (1316- 1334).  La doppia corona assume, così, lo stesso significato dell’autorità pontificale ed imperiale in analogia della doppia corona dell’imperatore che portava sopra la mitra clericale il diadema imperii. Innocenzo III (1198-1216) indica, invece, la mitra pro sacerdotio, mentre la tiara pro regno. La terza corona venne aggiunta, secondo alcuni autori, sotto il pontificato di Benedetto XI (1303- 1304), per altri con Clemente V (1305-1314), per altri, ancora, nel 1334, con Benedetto XII, per dimostrare che il papa rappr4esentava le tre Chiese – trionfante, militante e purgante- ovvero il dominio sulle regioni del Cielo, della terra e degli Inferi, o ancora la triplice sovranità del capo della Chiesa, consistente nella sovranità spirituale sulle anime; regalità temporale sugli Stati romani; sovranità eminente su tutti i sovrani della terra e di qui il nome triregnum.  Con il pontificato di Benedetto XVI, (2005 -     ) tra gli ornamenti esteriori dello scudo del Romano Pontefice, compaiono, novità assoluta, la mitra ed il pallio, mentre figurano le chiavi e scompare la tiara  Siamo in presenza, quindi, di una svolta epocale nell’araldica ecclesiastica, in quanto la tiara ha sempre timbrato lo scudo papale, fin dagli albori dell’araldica.

 

CAPPELLO PRELATIZIO: Cappello da pellegrino con la tesa molto ampia trapassata da due cordoni che terminano con una serie di fiocchi. In araldica il cappello ecclesiastico è l’ornamento esteriore maggiormente usato per indicare il grado di dignità, timbrando i prelati il proprio scudo con il cappello che sta in luogo dell’elmo.

- I reverendi presbiteri timbrano il loro scudo  con un cappello di nero, con cordoni e nappe dello stesso, in numero di due, disposte una per parte. 

- I reverendi canonici timbrano il loro scudo con un cappello di nero, con cordoni e nappe dello stesso, in numero di sei, disposte tre per parte, in due ordini di 1,2. 

- I reverendi abati timbrano il loro scudo  con il cappello, cordoni e nappe di nero. I fiocchi in numero di dodici sono disposti sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3.

- I reverendissimi abati “nullius” o territoriali timbrano il loro scudo, accollato ad un pastorale velato, posto in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde. I fiocchi in numero di dodici sono disposti sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3.

- I reverendissimi cappellani di Sua Santità timbrano il loro scudo  con il cappello di nero e  cordoni e nappe di paonazzo. I fiocchi in numero di dodici sono disposti sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3.

- Gli eccellentissimi e reverendissimi vescovi timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile semplice d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde. I fiocchi in numero di dodici sono disposti sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3.

- Gli eccellentissimi e reverendissimi arcivescovi timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile patriarcale d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde. I fiocchi in numero di venti sono disposti dieci per parte, in quattro ordini di 1, 2, 3, 4.

- Gli eccellentissimi e reverendissimi patriarchi timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile patriarcale d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di verde.

I fiocchi in numero di trenta sono disposti quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5.

- Gli eminentissimi e reverendissimi signori cardinali di Santa Romana Chiesa timbrano lo scudo, accollato ad una croce astile patriarcale d’oro, trifogliata, posta in palo, con il cappello, cordoni e nappe di rosso. I fiocchi in numero di trenta sono disposti quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5.

- I papi - con il pontificato di Benedetto XVI - timbrano lo scudo, accollato dalle chiavi pontificie, una d’oro e l’altra d’argento, decussate, addossate, gli ingegni, traforati a forma di croce, in alto, rivolti a destra e a sinistra, e legate da un cordone di rosso, terminante, d’ambo le parti, con una nappa dello stesso, con la mitria d’argento, ornata da un montante e da tre traverse cucite d’oro, la prima al capo, l’ultima, movente dalla punta, con le infule svolazzanti foderate di rosso, crocettate e frangettate d’oro.

(Sino al termine del pontificato di Giovanni Paolo II, al posto della mitria, si usava il triregno papale terminante ad ogiva e argenteo, al quale erano applicate tre corone all’antica, d’oro e cimato da un piccolo globo crociato dello stesso.  Dal triregno pendevano due infule di rosso e frangiate d’oro, crocettate e frangettate d’oro).

P.S.: L’origine e l’uso dei cappelli di verde, per i patriarchi, arcivescovi e vescovi, si vuole derivato dalla Spagna, dove, nel Medioevo, i prelati usavano  un cappello prelatizio di verde. Per tale motivo gli scudi dei vescovi, arcivescovi e patriarchi risultano timbrati con un cappello di verde. Per i cardinali, invece, nel 1245, nel corso del Concilio di Lione, il papa Innocenzo IV (1243-1254) concesse un cappello di rosso, quale particolare distintivo d’onore e di riconoscimento tra gli altri prelati, da usarsi nelle cavalcate in città. Lo prescrisse di rosso per ammonirli ad essere sempre pronti a spargere il proprio sangue per difendere la libertà della Chiesa e del popolo cristiano. Ed è per questo motivo che dal XIII secolo i cardinali timbrano il loro scudo con un cappello di rosso, ornato di cordoni e di nappe dello stesso colore.

 

 

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Sotto elencati esempi attuali e precedenti alla riforma di cappelli prelatizi

 

Cardinali: Cappello di colore rosso con due cordoni pendenti terminanti in quindici fiocchi dello stesso colore per ciascun lato. Se nel contempo è arcivescovo o primate dietro lo scudo una croce doppio traversa, posta in palo; se vescovo una croce semplice. (Cardinale Camerlengo vedi esempio 2)

ESEMPIO    ESEMPIO 2

Patriarchi e Primati: Cappello di colore verde con due cordoni pendenti terminanti in quindici fiocchi dello stesso colore per ciascun lato; dietro lo scudo una croce doppio traversa, posta in palo.

ESEMPIO 1   ESEMPIO 2

Arcivescovi: Cappello di colore verde con due cordoni pendenti terminanti in dieci fiocchi dello stesso colore per ciascun lato; dietro lo scudo una croce doppio traversa, posta in palo

ESEMPIO 1      ESEMPIO 2

Prelati di fiocchetto: Cappello di colore violaceo con due cordoni pendenti terminanti in dieci fiocchi rossi per ciascun lato.

ESEMPIO 1

Vescovi: Cappello di colore verde con due cordoni pendenti terminanti in sei fiocchi dello stesso colore per ciascun lato; dietro lo scudo una  croce, in palo.

ESEMPIO 1 - ESEMPIO 2

Protonotari apostolici e Canonici di capitoli privilegiati: Cappello di colore viola con due cordoni pendenti terminanti in sei fiocchi rossi per ciascun lato.

ESEMPIO 1 -  ESEMPIO 2

Prelati d'onore Cappello di colore paonazzo con due cordoni pendenti terminanti in sei fiocchi dello stesso colore per ciascun lato.

ESEMPIO 1 - ESEMPIO 2

Abati e Prelati nullius: Cappello di colore verde con due cordoni pendenti terminanti in sei fiocchi dello stesso colore per ciascun lato; pongono dietro lo scudo la croce o il pastorale con il velo.

 

Protonotari Apostolici onorari o titolari, Vicari generali, capitolari ed episcopali e Superiori maggiori esenti: Cappello di colore nero con due cordoni pendenti terminanti in sei fiocchi dello stesso colore per ciascun lato.

ESEMPIO 1 - ESEMPIO 2 - ESEMPIO 3 - ESEMPIO 4

Abati e Prevosti con benedizione abbaziale Cappello di colore nero con due cordoni pendenti terminanti in sei fiocchi dello stesso colore per ciascun lato; pongono dietro lo scudo il pastorale velato in palo, (avevano diritto ad usare anche la mitra).

ESEMPIO 1 - ESEMPIO 2

Cappellani di Sua Santità: Cappello di colore nero con due cordoni pendenti terminanti in tre (o sei) fiocchi paonazzi per ciascun lato.

ESEMPIO

Canonici ordinari: Cappello di colore nero nero con due cordoni pendenti terminanti in tre fiocchi dello stesso colore per ciascun lato.

ESEMPIO

                                                                         

Decani e prelati minori, Superiori minori, Superiori maggiori degli ordini religiosi non esenti: Cappello di colore nero  con due cordoni pendenti terminanti in due fiocchi dello stesso colore per ciascun lato.

ESEMPIO

Sacerdoti: Cappello nero con due cordoni pendenti terminanti in un fiocco dello stesso colore per ciascun lato.

ESEMPIO

 

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