ABBATI (DEGLI) OLIVIERI FABIO (Moroni, 48, p.303): Fabio Olivieri nacque da nobile famiglia in Pesaro, ed ebbe a compagno de’ suoi studi e nella vita privata il suo cugino Gianfrancesco Albani poi cardinale e Papa. Per suo mezzo ebbe un benificiato nella basilica Vaticana, della fabbrica della quale l’Albani era giudice e vicario della chiesa: indi divenuto segretario de’ brevi, lo prese per suo aiutante  di studio, e divenuto Pontefice, gli conferì la detta carica, colla ritenzione del benificio, che poi permutò con un canonicato di S.Giovanni. Lo fece ancora pro-maggiordomo, ed a’ 30 gennaio 1713 lo creò cardinale diacono de’ ss. Vito e Modesto, ascrivendolo alle congregazioni de’ riti, del buon governo, delle indulgenze, di propaganda ed altre, colla protettoria dei silvestrini e de’ trinitari. La madre seppe la promozione del figlio in Pesaro, mentre avea novantasei anni. Fu ai conclavi d’Innocenzo XIII, di Benedetto XIII e di Clemente XII, nel pontificato del quale perseverò nell’antica carica di segretario de’ brevi fino alla morte, che lo sopraggiunse in Roma nel 1738 d’anni ottanta, ed ebbe tomba nella sua diaconia, con magnifico elogio che vi pose il nipote.

 

ACCIAIOLI Filippo, Cardinale. (Moroni, 1, p.57): Filippo Acciaioli, dell’illustre famiglia di Firenze, nacque in Roma a’ 12 marzo 1700. Venne destinato nunzio presso la corte di Portogallo, e nel 1759 a’ 24 settembre, da Clemente XIII fu decorato della sacra porpora col titolo di S. Maria degli Angeli. Morì nella città di Ancona, di cui era vescovo, l’anno 1766 a’ 4 di luglio, contando l’età di 66 anni.

 

ACCIAIOLI Nicolò, Cardinale. (Moroni, 1, p.57): Nicolò Acciaioli, nobile fiorentino, nacque l’anno 1630; nel Pontificato di Innocenzo X, fu chierico di camera; poi sotto Alessandro VII, commissario delle armi, e nel 1657 uditore di camera. Clemente IX, nel 1669 a’ 29 novembre, lo creò Cardinale diacono de’ ss. Cosimo e Damiano. Venne spedito legato in Ferrara, dove con le sue virtù si cattivò l’animo dei ferraresi per modo che fu confermato in quel ministero per dodici anni. Nel 1715, dimessa la diaconia, passò al vescovato di Ostia e Velletri. Fu ascritto alle primarie congregazioni di Roma; ed in due conclavi riportò molti voti pel Pontificato, che ricusò costantemente. Pieno di meriti, morì in Roma nel 1719 in età di 89 anni, e fu sepolto nella Certosa di Firenze.

 

ACCIAIOLI Angelo, Cardinale. (Moroni, 1 p.57-58): Angelo Acciaioli d’illustre ed antica prosapia, nacque in Firenze. Fornito di eccellente dottrina, di specchiata prudenza e di somma integrità di vita, fu sommamente caro al re di Napoli. Promosso da Gregorio XI al vescovato di Rapolla nel regno di Napoli, poi da Urbano VI, nell’anno 1381, fu creato Cardinale prete del titolo di S. Lorenzo in Damaso, e nel 1383 venne promosso alla chiesa di Firenze; quindi da Bonifacio IX fu fatto cancelliere della S.R.C., poscia arciprete della basilica Vaticana, e finalmente vescovo di Ostia e Velletri. Sotto Bonifacio IX sostenne con decoro difficili legazioni nell’Umbria, Dalmazia, Schiavonia, Croazia, Valachia e Bulgaria. Nella minorità di Ladislao re di Napoli, fu nominato suo tutore, e poscia governatore del regno. Pacificò gli Orsini ribellati al Pontefice, e compose un’opera a favore di Urbano VI contro l’antipapa Clemente VII. Lo scopo di quest’opera è di trovare i mezzi per estinguere lo scisma, che allora desolava la Chiesa. Da Innocenzo VII ebbe la commissione di riformare la disciplina dei monaci di s. Paolo fuori delle mura di Roma. Nell’anno 1407 morì in Pisa, e fu sepolto alla Certosa. Più particolari notizie intorno a questo Cardinale si raccolgono dal Mazzuchelli nella Storia degli scrittori d’Italia, dal Tiraboschi Storia letteraria, t. VIII. Lib. I, e dal Garimberti nelle Vite di alcuni Cardinali.

 

ACCIAPACIO (d’) Nicolò, Cardinale. (Moroni, 1, p.58): Nicolò Acciapacio nacque in Sorrento. Circa il 1408 da Gregorio XII fu promosso al vescovato di Tropea; da questa chiesa, nel 1436, sotto Eugenio IV, passò all’arcivescovato di Capua, e nel concilio fiorentino, ai 18 dicembre del 1439, fu creato Cardinale prete del titolo di s. Marcello. Venne incaricato dal Pontefice di gravi e gelose incombenze, alle quali soddisfece con applauso. Fu esiliato in grazia di Alfonso re di Napoli, di cui l’Acciapacio era capitale nemico. Questo re gli confiscò le rendite della sua chiesa e di altri benefici per aver favorito il duca Renato di Angiò, avversario di Alfonso, ma poi gli furono restituite. Morto Eugenio, tornò a Roma, dove finì di vivere nel 1447, e fu sepolto nella basilica Vaticana.

 

ACCOLTI Benedetto, Cardinale. (Moroni, 1, p.60): Benedetto Accolti nacque in Firenze. Fu di raro talento e di si stupenda eloquenza, che venne acclamato qual Cicerone de’ suoi tempi. Regnando Leone X, sostenne per qualche tempo l’uffizio di abbreviatore apostolico; indi ebbe l’amministrazione della chiesa di Cadice, da dove Adriano VI lo trasferì al governo della chiesa di Cremona. Clemente VII lo creò suo segretario, e al dì 3 maggio 1527 lo fece Cardinale del titolo di s. Eusebio. Tre anni dopo che vestì la porpora cardinalizia lo si volle amministratore delle chiese di Policastro e Bovino coll’abbazia di s. Bartolomeo nel bosco di Ferrara. Fu nel 1532 Legato della Marca di Ancona, dove fece fabbricare una fortezza. Ma questa legazione fu per l’Accolti causa di dolorose sventure. Paolo III a’ 15 aprile 1535 lo fece chiudere in Castesantangelo, e sottoporre a rigoroso processo. Quale ne fosse il motivo chiaramente non apparisce. Il Mazzuchelli (tom. I del suo Museo, pag. 225) quasi indovinandolo scrive, che fu per avventura la sua mala amministrazione di Fano e della Marca. Però non sembra che la sua colpa fosse di solo peculato, come si giudica dai più, perché in tal caso, secondo anche la osservazione del Giovio, non si sarebbe trattato di decapitarlo. Alcuni vogliono che il Cardinale Ippolito de Medici, consanguineo di Clemente VII, con cui ebbe gravi controversie, a punto per la legazione della Marca, fosse autore della prigionia dell’Accolti. – Fu sciolto dai ceppi dopo di essersi confessato reo, ma colla ammenda gravissima di cinquantanovemila scudi d’oro, somma rapportata dal Ciacconio, dall’Oldomo ed altri ancora. Uscì dal carcere il dì ultimo di ottobre, anno medesimo, giovando non poco a liberarnelo i buoni offici del cardinale Ercole Gonzaga, e quelli di Carlo V imperatore, cui l’Accolti era accettissimo. – Oltrechè a Carlo V fu caro a parecchi altri principi e monarchi, onorato da vari autori, e chiamato, dall’Ariosto massimamente, decoro del sacro Collegio. Morì dove nacque, ed ebbe la tomba nella chiesa di s. Lorenzo. Compose alcune opere latine, impresse a Venezia l’anno 1553, non che alcune poesie, che furono inserite nella raccolta Quinque illustrium Poetarum. Compose altresì un Trattato dei diritti del Papa sul regno di Napoli.

 

ACCOLTI Pietro, Cardinale. (Moroni, 1, p.60-61): Pietro Accolti conosciuto sotto il nome di Cardinale d’Ancona, nacque nel 1455 a Firenze. Divenne uditore di Rota sotto Alessandro VI, Giulio II lo creò vescovo di Ancona, da cui successivamente passò ad altre chiese; e nella promozione del 1511, ai 10 marzo, lo decorò della porpora col titolo di s. Eusebio. Esercitò in Roma l’uffizio del Cardinal vicario, e di legato a latere dell’esercito pontificio arruolato contro i Francesi. Leone X, in una lettera a Francesco I re di Francia, esalta i meriti di questo porporato. Il Cardinale Sadoleto scrisse di lui, che il Pontefice e tutta Italia pendevano dai suoi consigli. Egli compilò nel 1519 la Bolla contro Lutero. Essendo vescovo di Sabina, morì in Roma nel 1532 e fu sepolto nella chiesa di s. Maria del popolo. E’ autore di alcuni trattati storici.

 

ACCORAMBONI Giuseppe, Cardinale. (Moroni, 1, p.61): Giuseppe Accoramboni nato da poveri genitori in un castello della diocesi di Spoleti l’anno 1672, passò in Roma, dove la profonda sua perizia nelle facoltà legali gli acquistò un credito straordinario presso la Curia. Innocenzo XIII gli diede luogo tra i Canonici della Basilica Vaticana colla carica di sottodatario. Benedetto XIII lo dichiarò suo uditore, e, conferitagli l’abbazia di s. Ilario di Galliata, lo creò prete Cardinale col titolo di s. Maria della Traspontina, e vescovo d’Imola. Arricchita questa cattedrale e restaurato il seminario, rinunziò al vescovato per attendere alle molte congregazioni cui era ascritto in Roma. Dimesso il primo titolo, ottenne da Benedetto XIV nel 1743 il vescovado di Frascati. Morì in Roma nel 1747 in età di 75 anni, e fu sepolto nella chiesa di s. Ignazio.

 

ACUAVIVA Francesco, Cardinale. (Moroni, 1, p.73): Francesco Acquaviva nacque in Napoli dalla prosapia dei duchi di Atri l’anno 1665. Sotto Innocenzo XI fu vice-legato di Ferrara. Alessandro VIII lo destinò inquisitore a Malta, Innocenzo XII lo volle suo maestro di Camera, e in seguito lo decorò della Nunziatura al re cattolico Carlo II ed anche a Filippo V. Clemente XI per compensarne le singolari benemerenze, nel 1706, ai 17 maggio, lo assunse al Cardinalato col titolo di san Bartolomeo all’Isola. Filippo V lo dichiarò ministro e protettore dei regni di Spagna presso la Santa Sede, nel quale offizio egli molto si distinse. Dimesso il primo titolo, passò a quello di santa Cecilia, la cui Basilica ristorò magnificamente. Nel 1724 da Benedetto XIII trasferito al vescovato di Sabina, per speciale indulto, ritenne a titolo di commenda la Chiesa di s. Cecilia. Morì nel 1725 in età di sessanta anni, e fu sepolto in s. Cecilia.

 

ACQUAVIVA Gian Vincenzo, Cardinale. (Moroni, 1, p.73): Gian-Vincenzo Acquaviva ottenne da Paolo III nel 1537 i vescovati di Melfi e Rapolla chiese unite. Ebbe quindi la prefettura del forte di Castelsantangelo, e fu nel 1542, ai 31 maggio, creato prete Cardinale del titolo de’ ss. Silvestro e Martino ai monti. Morì nel 1556 dopo quattordici anni di cardinalato.

 

ACQUAVIVA Giulio, Cardinale. (Moroni, 1, pp.73-74): Giulio Acquaviva nacque in Napoli da nobilissima famiglia l’anno 1546. Nell’età di soli venti anni fu incaricato da s. Pio V della Nunziatura al re cattolico Filippo II per indurlo a preservare la immunità ecclesiastica dagli attentati dei ministri di Milano. Compiuta la Nunziatura con soddisfazione del Pontefice, fu creato dal medesimo nel 1570, ai 17 maggio, Cardinale diacono del titolo di s. Callisto. Dipoi gli fu conferito quello di s. Teodoro. Pio V lo volle presente alla sua morte, e dalle sue labbra desiderò ascoltare i pii suggerimenti, onde spirare nel bacio del Signore. Nel 1574 contando l’età di soli ventotto anni, compì la sua carriera lasciando gran desiderio di sé alla Chiesa, che nella pietà e dottrina di lui attendevasi un nuovo lume. Ebbe il sepolcro nella Basilica Lateranense.

 

ACQUAVIVA Ottavio Juniore, Cardinale. (Moroni, 1, p.74): Ottavio Acquaviva dei duchi d’Atri, nacque in Napoli l’anno 1608. Fu fatto cameriere segreto di Urbano VIII, di poi ponente della congregazione del Buongoverno, indi governatore di Jesi, di Ancona e di Orvieto, città, che valorosamente difese contro le armi del duca di Parma. In appresso da Innocenzo X fu eletto segretario della congregazione delle acque, votante della segnatura di giustizia, e presidente della provincia del patrimonio e dello stato di Castro. La soavità dei costumi, la giustizia e la candidezza di animo, ond’era fregiato, così gli meritarono l’affezione del Pontefice Innocenzo, che nel 1654, ai 2 marzo, lo creò Cardinale di s. Bartolomeo all’Isola. Per alcuni mesi occupossi nella legazione di Viterbo; in seguito venne destinato alla legazione della Romagna, che a mercè di lui venne liberata dal gran numero degli assassini, da cui era infestato. Dal titolo di s. Bartolomeo passò a quello di s. Cecilia, ed in progresso venne ascritto alle principali congregazioni di Roma. Finì di vivere in Roma l’anno 1674, e fu sepolto nella sua chiesa. V. Gualdo Priorato nella Scena degli uomini illustri.

 

 

ACQUAVIVA Ottavio Seniore, Cardinale. (Moroni, 1, p.74): Ottavio Acquaviva nacque in Napoli da nobil famiglia l’anno 1560. Condottosi alla corte pontificia, Sisto V gli conferì la vicelegazione della provincia del patrimonio. Gregorio XIV lo creò prefetto del sacro palazzo, e nel 1591, a’ 6 marzo, diacono Cardinale di s. Giorgio in Velabro e legato della provincia di Campagna. Clemente VIII affidò a lui la legazione di Avignone, incarico difficilissimo per quei tempi in cui la agitazioni della Francia rendevano insolenti gli Ugonotti nel delfinato, nel contado venosino e nella città di Avignone (Vedi). Ridusse Enrico IV dall’eresia alla Chiesa Cattolica. Coronato di gloria pei benefizii che sparse, fece ritorno a Roma, dove fu accolto dal Pontefice come in trionfo. Dimessa la sua diaconia, passò al titolo di s. Prassede. Leone XI nel 1605 lo creò arcivescovo di Napoli, chiesa che resse con sommo zelo e pietà. Liberalissimo coi poveri, dicesi che impiegasse a loro sollievo la somma di novantamila scudi. Fabbricò due conventi ai religiosi Osservanti di s. Francesco. Arrichì la sua cattedrale, ampliò le rendite del suo capitolo, e fabbricò anche una sontuosa villa in Frascati. Nella terribile carestia del 1607 soccorse con mirabili esempi la sua città. Dotò con ventimila scudi il monte della Pietà di Napoli. Fattosi caro ad ognuno e modello di tutte le virtù, spirò nella sua diocesi l’anno 1612, e fu sepolto nella cattedrale di Napoli.

 

ACQUAVIVA Pasquale, Cardinale. (Moroni, 1, p.74): Pasquale Acquaviva di Aragona nacque a Napoli di nobilissima casa nel 1719. Ebbe la presidenza di Urbino. Clemente XIV dopo averlo serbato in petto Cardinale, il dì quindicesimo di marzo 1773 lo pubblicò fregiato della romana porpora colla diaconia di s. Eustachio. Chiuse gli occhi in Roma nel dì ventinove febbraio 1788.

 

ACQUAVIVA Trojano, Cardinale. (Moroni, 1, p.75): Trojano Acquaviva dei duchi d’Atri nacque in Napoli nel 1694. Clemente XI l’anno 1712 lo spedì in Ispagna, perché recasse al Cardinale di Arrias la berretta cardinalizia. Ritornato in Italia, il Pontefice lo annoverò fra i porporati, e poco dopo lo spedì vice-legato in Bologna, cui nel 1721 presiedette egli solo per mancanza del Cardinal Legato. Innocenzo XII lo trasferì al governo di Ancona, e Benedetto XIII lo creò suo maestro di Camera, indi arcivescovo di Larissa, poi suo maggiordomo. Il senno e la destrezza, che dimostrò egli nei sostenuti incarichi, gli meritarono la sacra porpora. Clemente XII, nel concistoro del primo ottobre 1732, gliela conferì col titolo di s. Cecilia. Filippo V di Spagna, e Carlo III re delle due Sicilie, per i suoi meriti presso di loro, lo crearono ministro plenipotenziario dei due regni presso la s. Sede. Ottenne a favore dell’Infante di Spagna l’arcivescovato di Toledo, che fu amministrato dall’arcivescovo di Larissa fino alla debita età dell’Infante. Nel 1739 il Pontefice lo promosse all’arcivescovado di Montereale, che resse per solo nove anni. Consumato da lunghissima malattia, nella quale Benedetto XIV per singolare distinzione lo visitò, ebbe fine l’anno 1747, e fu sepolto nella chiesa del suo titolo, che aveva ornato di un magnifico portico. Egli aveva molto influito all’elevazione del lodato Pontefice.

 

ADDA (d’) Ferdinando, Cardinale. (Moroni, 1, p.85): Ferdinando d’Adda, patrizio milanese, nacque nel 1649. Percorsi gli studi con sommo onore, dal collegio degli avvocati in Milano fu eletto uditore della Ruota Romana. Escluso di poi da quella carica, Innocenzo XI lo risarcì col promuoverlo ad un’insigne abbazia, e lo spedì in Ispagna a recar la berretta cardinalizia al Millini già nunzio in Madrid. Consagrato arcivescovo Amaseno, ebbe la nunziatura d’Inghilterra presso Giacomo II. Per le sventure di quel regno rifuggitosi in Roma, Alessandro VIII, nel 1690 in premio del suo zelo, e dei pericoli incontrati per la dilatazione della fede cattolica, lo creò ai 13 febbraro, prete Cardinale di s. Clemente, legato ed amministratore della chiesa di Ferrara; indi legato in Bologna, prefetto della congregazione dei Riti e protettore dell’Ordine camaldolese. Dimesso il primo titolo, Clemente XI, nel 1715, gli conferì il vescovado di Albano. Morì nel 1719, e fu sepolto nella chiesa di s. Carlo al corso. La congregazione di Propaganda, per suo testamento, venne istituita erede universale dei suoi beni, che ascendevano al valore di centomila scudi.

 

ADIMARI Alamanno, Cardinale. (Moroni, 1, p.90-91): Alamanno Adimari, fiorentino, ebbe i natali nel 1362. Fu prima canonico, indi parroco nella sua patria, poscia, nel 1400, ne venne eletto vescovo da Bonifacio IX. Non avendo potuto eseguire il possesso di quella diocesi, venne trasferito, nel 1401, alla chiesa di Taranto, e poi alla primaziale di Pisa. Giovanni XXIII lo spedì nunzio in Francia, donde ritornato con gloria, lo creò prete Cardinale di s. Eusebio, nell’anno 1411, a’ 6 giugno. Nello stesso tempo il Pontefice lo investì della legazione nelle Gallie col privilegio di concedere la festa di s. Giuseppe a tutte le città e provincie soggette alla sua legazione. Passò quindi nella Spagna, affine di restituire quel regno all’unità della Chiesa Romana, da cui si era diviso obbedendo all’antipapa Benedetto XIII. Martino V lo fece arciprete della basilica Vaticana, e lo incaricò nuovamente del viaggio in Aragona per ridurre l’antipapa Pietro di Luna a più saggi consigli. Nel suo ritorno, attaccato dal contagio, morì in Tivoli l’anno 1422, ed ebbe sepolcro nella chiesa di s. Maria Nuova di Roma. Salvino Salvini scrisse la vita dell’Adimari.

 

AGERIO Bertrando della Torre, Cardinale. (Moroni, 1, p.103): Bertrando Agerio, o Augerio della Torre, di nobile famiglia, nacque in Cambolico, diocesi di Chaors nell’Aquitania, dove professò la regola di s. Benedetto e fu provinciale. Chiaro per la sua facondia e dottrina, fu delegato inquisitore in Francia, e poscia nunzio Apostolico in Italia. Il valore e lo zelo onde si resse, gli meritarono la riconoscenza del sommo Pontefice Giovanni XXII, che gli conferì nel 1319 l’arcivescovado di Salerno, ed, a’ 20 dicembre 1320, la sacra porpora col titolo presbiterale di s. Martino. Per la deposizione del ministro generale dell’ordine serafico, fu surrogato in suo luogo coll’officio di amministratore di quella religione. La pietà di questo Cardinale non fu minore ai suoi talenti; egli professava una singolar devozione alla B. V. Essendo vescovo Toscolano, morì in Avignone l’anno 1330, e fu sepolto in quella città. Scrisse molte opere, che sono riportate dal p. Giovanni da Salamanca, nella Biblioteca Francescana, e così pure dal Baluzio.

 

AGOSTINI Stefano, Cardinale. (Moroni, 1, p.134): Stefano Agostini da Forlì nacque nel 1613. Studiò in Bologna, e chiamato in Roma, per opera del Cardinale Paolucci suo zio fu destinato Uditore generale della legazione di Bologna. Restituitosi a Roma, da Alessandro VII fu fatto cameriere segreto, elemosiniere e canonico di s. Pietro. Clemente IX lo creò vescovo di Eraclea e segretario dei memoriali. Innocenzo XI lo promosse all’onore di suo Datario elevandolo poscia nel 1681, il dì primo settembre, al Cardinalato col titolo presbiterale di s. Giovanni a Porta latina. Diciotto mesi dopo l’Agostini morì, ed ebbe la tomba in s. Maria della Navicella; con una prolissa onorevole iscrizione.

 

AGRIFIGLIO Guglielmo (seniore), Cardinale. (Moroni, 1, p.159-160): Guglielmo Agrifoglio nato a Fonte, diocesi di Limoges, professò nell’Ordine benedettino, di cui, secondo alcuni, fu priore nel convento di Villabate. Chiamato alla corte dell’arcivescovo di Roano, essendo questi assunto al Pontificato, col nome di Clemente VI, venne da lui promosso alla chiesa di Saragozza; ma allora non ne ricevè la consacrazione. Nel 1350 a’ 17 o 18 decembre dallo stesso Clemente VI fu decorato della sacra porpora col titolo di s. Maria in Trastevere; quindi Urbano V, nel 1368, lo trasferì al vescovato di Sabina. Qual fosse la prudenza ed il senno dell’Agrifoglio ben lo dimostrò l’ottimo fine della tutela del regno di Sicilia, a lui affidata per la morte del re Lodovico, defunto senza figlioli. Il dotto Balusio però nega la verità di tale tutela. L’Agrifoglio ebbe l’incombenza di fissare i confini del territorio di Benevento, locchè, giusta le convenzioni stipulate col re Carlo V, doveva eseguirsi dalla Chiesa. Innocenzo VI gli diede ancora l’incarico di formare il processo dei delitti, che s’imputavano a Barnabò Visconti di Milano. Da Urbano V, alla cui elezione aveva molto contribuito il Cardinale Guglielmo, venne destinato giudice delle controversie, che vi erano tra il vescovo di Urgel e il conte di Foix in riguardo alla valle Andorra. Il Cardinale assalito dal contagio nel 1369 in Viterbo venne rapito alle comuni speranze ed utilità. E’ sepolto in Limoges nella Basilica di s. Marziale.

 

AGRIFOGLIO Guglielmo (juniore), Cardinale. (Moroni, 1, p.160): Guglielmo Agrifoglio nacque a s. Supery, diocesi di Limoges, l’anno 1339. Le insigni qualità della sua gioventù determinarono Urbano V, nel 1367, ai 12 maggio, a crearlo Cardinale del titolo di s. Stefano in Montecelio, sebbene di soli 28 anni. Né si era ingannato il Pontefice, che una santa ed esemplare condotta accompagnata da singolare destrezza nel maneggio di importanti negozi, fecero lui molto contento di quella elezione. Due anni dopo fu fatto Camerlengo della S. R. C., e nel 1370 Gregorio XI gli diè la cura di esaminare le rivelazioni di s. Brigida, e lo nominò suo esecutore testamentario. Eletto Urbano VI, nel 1378, commise all’Agrifoglio l’estensione della Bolla con cui veniva comandato ai Cardinali di ristorare le chiese dei loro titoli. Se non che illanguiditisi in lui quei principii che lo facevano desiderato alla utilità della Chiesa, e sedotto dall’ambizione, si diè al partito dell’antipapa Clemente VII di Ginevra, quindi a quello di Benedetto XIII, pur antipapa; sostenendoli ancora, sebbene inutilmente, presso alcuni principi di Europa. Nel 1401 finì miserabilmente la vita ostinato nello scisma. Ebbe egli sepoltura nella chiesa del collegio di san Marziale, dove avea fondata e dotata  la cappella di s. Stefano. Il Martene ci riporta alcune lettere scritte dall’Agrifoglio al re di Francia nel 1395.

 

AGUCCHIO, o AGUCCI Girolamo, Cardinale. (Moroni, 1, p.160-161): Girolamo Agucchio o Agucci nipote del Cardinale Filippo Sega, fu valentissimo in destrità e accortezza, è parve nato per condurre importantissimi affari. Con vera utilità della Sede Apostolica ci si adoperò niente meno di trent’anni, e fra le altre sue dignità ebbe quella di commendadore di Santo Spirito. Da questo onore passo ad essere insignito della porpora cardinalizia col titolo di s. Pietro in Vincoli. Se non che poco potè godere l’Agucchio della conferitagli dignità; immatura morte lo rapì alla terra l’anno 1605, non contando egli ancora il cinquantesimoprimo d’età. Intervenne Agucchio al conclave in cui venne esaltato al soglio Pontificio Leone XI, Medici, fiorentino, e morì nello stesso giorno in cui spirò quel Pontefice. Ha tomba e monumento erettogli da Giambattista suo fratello, con ritratto ed iscrizione onorevole alla sua memoria nella chiesa del titolo sopraindicato.

 

AGUILLAR Alfonso, Cardinale. (Moroni, 1, p.161): Alfonso Aguillar de’ marchesi di Priego, nato nella Spagna l’anno 1653, fu prima canonico di Cordova. I suoi talenti gli acquistarono la stima di tutto il clero e dello stesso principe, che gli affidò importantissimi carichi. Ricusati umilmente ricchi vescovati, nel 1697, ad istanza del re cattolico fu da Innocenzo XII a’ 22 luglio creato prete Cardinale della S. R. C., e poscia divenne inquisitore supremo di tutta la Spagna. L’anno 1699 insorta in Madrid una terribile sollevazione, egli con la sua industria e vigilanza riuscì ad estinguerla intieramente. Fu rapito da immatura morte nel medesimo anno 1699, mentre si disponeva a recarsi in Roma col carattere di regio ambasciatore. Questo Cardinale non ebbe né cappello né titolo, per non essersi condotto a Roma.

 

AGUIRRE SAENZ Giuseppe, Cardinale. (Moroni, 1, p.161): Giuseppe Aguirre Sanz nacque l’anno 1629 in Logrono, città della Spagna. Fece la professione nell’Ordine benedettino, dove rapidamente avanzandosi nelle scienze, fu nominato prima professore di sacra Scrittura nell’università di Salamanca, poscia censore e segretario del supremo consiglio dell’inquisizione di Spagna, quindi presidente generale della sua congregazione nello stesso regno. Scrisse alcune dottissime opere, tra le quali meritano singolare menzione la Collezione dei concilii di tutta la Spagna, e la Difesa della Santa Sede, in cui giudiziosamente confuta le censurate proposizioni del clero di Francia. Innocenzo XI considerando i meriti dell’Aguirre, e la profonda dottrina delle sue opere, ai due settembre del 1686 lo ascrisse al Sacro Collegio col titolo di s. Maria sopra Minerva, colmandolo di elogi in pieno concistoro. Venne ascritto a varie congregazioni, tra le altre al s. Uffizio, al Concilio, e all’Indice. Consumato dalle fatiche, incontrò con esimia rassegnazione la morte, che avvenne l’anno 1699. Fu sepolto nella chiesa di s. Giacomo degli spagnuoli e gli fu posta sopra la lapide una iscrizione composta da lui medesimo, in cui spira quell’umiltà, che era il suo caratteristico pregio.

 

AGUZZONI Francesco, Cardinale. (Moroni, 1, pp.161-162). Francesco Aguzzoni nacque in Urbino circa la metà del secolo XIV. Urbano IV lo promosse alla chiesa di Faenza e nel 1384 a quella di Benevento. Poco dopo fu trasferito all’arcivescovato di Bordeaux nella Aquitania, con la dignità di nunzio Apostolico in Ispagna ed in Guascogna per ridurre quella provincia all’obbedienza del legittimo Pontefice, come pure nei dominii di Castiglia e di Leone per assolvere il re Enrico e Caterina sua moglie dalla censura incorsa per essersi uniti in matrimonio senza dispensa dal terzo grado di consanguinità. Fornita la nunziatura, fece ritorno alla sua chiesa, e nel 1405 ai 12 giugno venne creato da Innocenzo VII prete Cardinale assente del titolo dei Santiquattro. Dopo la elezione di Gregorio XII si portò in Savona con riguardevole comitiva di teologi, affin di ridurlo alla rinunzia spontanea del pontificato, e spegnere così quello scisma che lacerava la chiesa. Tollerate indarno grandi pene e fatiche, l’Aguzzoni fu il primo dei Cardinali ad abbandonare Gregorio, il quale emanò quindi un decreto che lo spogliava della porpora e lo privava della sua chiesa; decreto però che non ottenne mai effetto veruno. I Cardinali congregati a Pisa mandarono l’Aguzzoni ai re di Francia e d’Inghilterra, perché con la loro autorità costringessero Gregorio XII alla promessa rinunzia. Tornato dalla sua legazione nel 1412 spirò in odore di santità; ed ebbe sepoltura in s. Maria nuova di Roma.

 

AIGLERO Bernardo, Cardinale. (Moroni, 1, p.164): Bernardo Aiglero, nato in Provenza nel secolo XIII, professò l’ordine benedettino. Essendo uomo saggio e pio fu eletto da Innocenzo IV suo cappellano e abbate di s. Onorato nell’isola di Lerino. Carlo I d’Angiò re di Sicilia così n’ebbe stima, che nel suo viaggio a Napoli lo volle seco a compagno e consigliere. Urbano IV assicuratosi delle riguardevoli qualità dell’Aiglero, lo destinò abbate di Montecassino. La disciplina di quel monistero da qualche tempo dissipata, per l’opera di Bernardo subito si regolò; scacciò le milizie di Federico II, di Corrado e di Manfredi, che da 36 anni occupavano l’abbazia, ne richiamò i monaci esiliati, ricuperò le terre e i castelli che le appartenevano e rimise il cenobio in possesso delle sue rendite. Fondò un ampio spedale in s. Germano, e lo provvide con ricca dote. Dopo vent’anni di governo in quel monistero, Clemente IV, che assunse il Pontificato nel 1265, in premio di si distinti meriti, lo creò prete Cardinale, e poi lo spedì legato a latere in Francia contro gli albigesi, quindi in Costantinopoli contro gli scismatici. Colla sua prudenza obbligò il re Carlo I a ritirare le sue truppe che avevano occupato i castelli vicini al suo monistero di Montecassino. Scrisse alcune opere fra le quali una Sposizione della regola di s. Benedetto e lo Specchio dei monaci. Fornito di esimie virtù santamente morì nell’anno 1282 e fu sepolto in Montecassino.

 

AISSELINI Egidio, Cardinale. (Moroni, 1, p.166): Aisselini Egidio Anselmi, detto da altri Guglielmo Aisselino dei conti di Montacuto nell’Alvernia, uomo fornito di singolare talento, e di molta dottrina, siccome ne fan fede le opere da lui scritte. Mentre era vescovo di Terovanne, da Innocenzo VI, a’ 17 settembre 1363, venne creato prete Cardinale assente del titolo di s. Martino. Urbano V di poi (nell’anno 1368) lo trasferì alla chiesa Toscolana, lo inviò legato nelle provincie dell’Umbria, e del Patrimonio, e lo nominò esaminatore nella causa di Casimiro re di Polonia, che abbandonata avendo la propria moglie, si era unito ad una ebrea. La perizia dell’Aisselini, e la sua destrezza nel maneggiare gli affari della più alta importanza, ben si conobbe in parecchie difficili controversie da lui condotte ad un felicissimo fine. Universalmente compianto, compì la sua vita in Avignone l’anno 1378. Alcuni confondono malamente il Cardinale Egidio Aisellini con Egidio Bellamera vescovo di Lavaur, e del Puy, onde conviene correggere l’errore de’ sammartani, che collocarono Egidio nella serie di quei vescovi.

 

ALANO Guglielmo, Cardinale. (Moroni, 1, p.174): Guglielmo Alano nacque nel 1531 a Lancastro città dell’Inghilterra. Cresciuto nell’innocenza dei costumi, si dedicò allo studio delle sacre scienze con sì felice successo, che in breve ne fu pubblico lettore nell’università di Douvay. In seguito, gli fu conferito un canonicato in Cambray, di poi un altro nella chiesa di York, del quale restò spogliato pel suo zelo nel sostenere la fede contro le pretensioni della regina Elisabetta. Costretto a prendere la fuga per sottrarsi alla morte, andò a Lovanio. Quivi si diede seriamente allo studio per impedire i rapidi avanzamenti della eresia; scrisse libri contro i protestanti inglesi e fondò in Douvay un seminario a favore dei giovani esiliati per motivo di religione. Caduto in grave malattia, si ricondusse alla patria; ma cercato a morte dalla regina, che ciò seppe, dovè nuovamente ritirarsi nelle Friande, dove produsse una dotta apologia per animare i cattolici perseguitati. Eritreo nella sua Pinacoteca (p.1 n.91) racconta che mentre stava per essere fatto prigione, il messo di Elisabetta restò cieco sul fatto, sicchè l’Alano potè felicemente sottrarsi. Condottosi quindi a Reims, dal Cardinale di Lorena ottenne un canonicato di quella chiesa. Coll’aiuto di S. Pio V e di Filippo II, nel 1564, gli riuscì in seguito di erigere tre seminari, uno de’ quali per duecento giovani, cui egli stesso presiedè per quattordici anni. Il cielo benedisse visibilmente le sue fatiche, e lo difese, non senza prodigio dalle insidie che i suoi nemici del continuo gli tramavano la vita. Gregorio XIII, avendo eretto in Roma un collegio pegl’inglesi, volle che l’Alano ne fosse l’istitutore, e lo avrebbe decorato della sacra porpora, se con raro esempio di umiltà egli non l’avesse costantemente ricusata. Per Sisto V, a’ 7 agosto 1587, lo costrinse ad accettarne l’onore, e gli conferì il titolo di s. Martino ai monti. Lo stesso Pontefice lo deputò alla correzione della Bibbia da lui poscia pubblicata. Gregorio XIV lo elesse bibliotecario della Vaticana, e nel 1590 gli conferì la chiesa di Malines. Morì a Roma in odore di santità l’anno 1594, e fu sepolto nella chiesa del collegio inglese. Il Cardinale Alano fu di eccellente ingegno e di esimia pietà. Umile coi grandi, affabile e liberale coi poveri, veniva amato da tutti i buoni. Antonio Sandero nel lib. I degli scrittori Fiamminghi, annovera le opere dogmatiche scritte dall’Alano contro gli eretici.

 

ALBANI Giangirolamo, Cardinale. (Moroni, 1, pp.179-180): Giangirolamo Albani nacque a Bergamo nel 1504. Attese allo studio del diritto canonico e civile, e divenne famigerato capitano della repubblica di Venezia, poi podestà di Bergamo. Il suo zelo per la religione rendette molti servigi all’inquisitore del santo Offizio Michele Ghislieri, il quale divenuto Papa col nome di Pio V, destinollo al governo della Marca, e lo creò, a’ 17 maggio 1570, prete Cardinale di s. Giovanni a porta latina. I suoi meriti lo avrebbero renduto degno del Pontificato, ma l’Albani era vedovo ed avea figli: il timore quindi che ad essi abbandonasse il governo, impedì al conclave di eleggerlo Papa. Morì d’anni 87, nel 1591, dopo vent’un anno di Cardinalato. Abbiamo di lui parecchie opere di giurisprudenza canonica. Le principali sono: 1°. De immunitate ecclesiarum; 2° De potestate Papae et concilii; 3°.  De Cardinalibus, et de donatione Constantini.

 

ALBANI Annibale, Cardinale. (Moroni, 1, p.180): Annibale Albani, figlio di Orazio, nato ad Urbino a’ 15 agosto 1682, dopo aver occupati i primi posti della curia romana, co’ suoi aurei costumi si acquistò la stima e l’amore di tutti, e resosi benemerito nelle nunziature a Vienna, all’Aia ed a Francoforte, Clemente XI suo zio, che nell’età di 24 anni lo fece cameriere segreto, poi presidente di Camera, ai 23 dicembre 1711, lo creò Cardinale diacono di santa Maria in Cosmedin, nella qual dignità visse 40 anni. Sostenne molti onorevoli impieghi nella Santa Romana Chiesa, e, nel 1735, fu creato vescovo di Sabina, ove celebrò un sinodo, ch'è ricordato da Benedetto XIV nel libro: De Synodo Dioecesana. Ivi ampliò il seminario, e alzò dai fondamenti il palazzo de’ suffraganei. La sua patria ne sperimentò la magnanimità, dacchè vi stabilì egli una tipografia ed una ricca biblioteca. Trasferito al vescovato di Porto, morì nel 1751, in età di 69 anni.

 

ALBANI Alessandro, Cardinale. (Moroni, 1, p.180): Alessandro Albani fu secondo figlio di Orazio, nato ai 15 ottobre 1692. Nell’età di quindici anni fu fatto colonnello di un reggimento di dragoni. Prese di poi l’abito prelatizio, e dallo zio Clemente XI venne promosso a chierico di Camera, ed a nunzio straordinario a Vienna, per la restituzione di Comacchio. Spiegò in quella missione la magnificenza e la dignità convenienti al nome ed uffizio suo. Papa Innocenzo XIII, a’ 16 luglio 1721, creollo diacono Cardinale di s. Adriano. Come primo di quest’Ordine coronò i Pontefici Clemente XIII, Clemente XIV e Pio VI. Egli fabbricò ed arricchì di vetusti e preziosi monumenti la celebrata Villa Albani (Vedi) fuori di porta Salara. Dotato di gusto squisito, amava e coltivava le arti e le lettere; aumentò la biblioteca Albani (V. ove si parla del palazzo). Morì cieco, nel 1779, in età d’anni ottantasette, lasciando delle opere storiche riputatissime.

 

ALBANI Gianfrancesco, Cardinale. (Moroni, 1, pp.180-181): Gianfrancesco Albani, nacque in Roma, ai 26 febbraio 1720. Fu creato Cardinale da Benedetto XIV, a’ 10 aprile 1747; poscia venne promosso al vescovato suburbicario di Ostia e Velletri; venne in seguito fatto arciprete di s. M. Maggiore, e decano del sagro Collegio. Essendo vissuto fino ai 15 settembre 1803, concorse alle elezioni di Clemente XIII, Clemente XIV, Pio VI e Pio VII. Le sue geste sono descritte nell’opera: Vita et res gestae Summ. Pontif. Et S.R.E. Cardinal. Ad exemplum Ciaconi continuatae, ecc. auctore Jo. Paulo Del Cinque.

 

ALBANI Giuseppe, Cardinale. (Moroni, 1, p.181): Giuseppe Albani, nato in Roma ai 13 settembre 1750, fu creato da Pio VII, a’ 23 febbraio 1801, Cardinal diacono di s. Eustachio, donde passò alla diaconia di s. Maria in Via Lata. Come primo di detto Ordine, nel 1829, coronò Pio VIII, da cui fu nominato segretario di stato e bibliotecario: continuando ad essere visitatore apostolico di s. Michele e segretario de’ Brevi Pontifici, carica già conferitagli da Leone XII, e che esercitò pure sotto Pio VII ed il regnante Pontefice. Questi lo nominò legato di Urbino e Pesaro, poi commissario delle quattro legazioni. Chiaro per fervido ingegno e per zelo attivissimo verso la Santa Sede, morì in Pesaro, a’ 3 dicembre 1834. Esposto in quella cattedrale, fu poi trasportato ad Urbino, patria de’ suoi maggiori, e seppellito nella cappella gentilizia di s. Pietro nel chiostro dei pp. minori conventuali. V. Soriano, Principato della famiglia Albani.

 

ALBERGATI Nicolò (beato), Cardinale. (Moroni, 1, pp.195-196): Nicolò Albergati, nato in Bologna nel 1375, in età di vent’anni professò l’Ordine dei certosini, di cui divenne priore in Firenze. Per voto del clero e del popolo, nell’anno 1417, fu consagrato vescovo della sua patria. Appena egli assunse il governo, che si diede a visitarne la diocesi, a togliere gl’inveterati abusi, e riformare i corrotti costumi del popolo. Eresse una scuola per i chierici, e raccolse una biblioteca. Ridusse all’obbedienza e riconciliò con la Santa Sede i suoi diocesani; del che data informazione al Pontefice Martino V, ottenne dalla sua munificenza di poter conferire a proprio beneplacito i benefizii vacanti in curia ed ebbe giurisdizione sopra tutti gli ordini regolari. Lo stesso Martino V lo destinò, l’anno 1422, nunzio in Francia, per conciliare Carlo VI con Enrico V d’Inghilterra, tra’ quali stabilì una tregua di sei anni. Di poi gli convenne portarsi in Lombardia e Venezia per trattare egualmente la pace. Martino V nel 1426, volendo ricompensare i suoi meriti, nel concistoro dei 24 maggio o 23 giugno lo creò prete Cardinale di s. Croce in Gerusalemme e arciprete di santa Maria Maggiore. Il Pontefice nel nominarlo Cardinale, disse in pieno concistoro: “Eleggiamo il Cardinale Nicolò Albergati, cittadino e vescovo di Bologna, uomo di grande santità, di cui nella Chiesa sono in questi tempi assai rari i vescovi che lo imitino”. Sostenne parecchie legazioni in Francia, in Germania, in Inghilterra ed Italia. Presiedè con altri tre Cardinali al concilio di Basilea, ma avvedutosi come andava degenerando in un conciliabolo, si ritirò da quella città, e passò al concilio ecumenico di Ferrara e di Firenze di cui fu dichiarato presidente. Ritornato in Roma, gli fu conferita la carica di penitenziere maggiore e camerlengo della S. R. C. Ornato delle primarie dignità, non cangiò punto il metodo, né l’umiltà della sua prima vita religiosa, ritenne le medesime vesti, osservò gli stessi digiuni. Bologna sotto il reggimento di lui per due volte assalita dalla peste, deve tutto alla sua inestinguibile carità. Fondò in più luoghi della diocesi molte istituzioni per educare i fanciulli e gl’ignoranti; riordinò le confraternite laicali, introducendo l’uso di recitare l’uffizio della Madonna; ristorò ed abbellì la cattedrale, e corredò il palazzo vescovile di una biblioteca. Coronato di meriti e di ogni eroica virtù, spirò nel bacio del Signore in Siena l’anno 1443. Eugenio IV, per singolare distinzione, oltre l’averlo visitato nella malattia, colla Pontificia Curia ne assistette a’ funerali. Le sue reliquie sono venerate nella chiesa di san Lorenzo a Firenze. Nel Pontificale di Bologna, pubblicato nel secolo XVI, Nicolò Albergati è posto tra’ beati titolari di quella chiesa.

 

 ALBERGATI Nicolò, Cardinale. (Moroni, 1, p.196): Nicolò Albergati nacque in Bologna nel 1604, di nobilissima famiglia. Condottosi a Roma per ordine del Cardinale Ludovico Ludovisi suo cugino, nel 1613 fu fatto sommista. Quattro anni dopo, nominato arciprete della metropolitana di Bologna, partì da Roma; ma ivi restituitosi, da Urbano VIII fu ascritto tra i votanti della segnatura di giustizia. Nel 1645 Innocenzo X lo promosse prima all’arcivescovato di Bologna, e poi nell’anno stesso a’ 6 marzo lo creò Cardinale prete del titolo di s. Agostino. Nel 1649 mosse verso Milano, col carattere di legato a latere, per presentare la rosa d’oro a Maria Anna d’Austria figlia di Ferdinando, destinata sposa di Filippo IV re di Portogallo. Offertigli da questo monarca due vescovati ricchissimi, l’Albergati assai contento delle sue scarse rendite, non volle mai accettarne l’esibizione. Levò al suo sacro fonte, a nome di Innocenzo X, il primogenito del granduca di Toscana Ferdinando II. Compiuta la sua legazione, fu nominato nel 1651: penitenziere maggiore, per lo che dovendo rimanersi in Roma, rinunciò la sua diocesi in favore di Girolamo Buoncompagni. Entrato nell’ordine dei Cardinali vescovi, l’anno 1683, passò alla chiesa di Ostia e Velletri, i cui diritti validamente difese. Nell’assedio di Vienna ridusse la propria argenteria in moneta, affin di sovvenire quella città. Lo stesso fece, essendo titolare di s. M. in Trastevere, per collocare le reliquie in teche d’argento. Abbellì il portico di s. Lorenzo in Lucina, stata anche essa suo titolo, e lo munì di cancelli di ferro. Fece collocare in preziosa urna di bronzo la graticola su cui s. Lorenzo ebbe consumato il suo martirio. Liberale e magnifico coi bisognosi, si meritò il titolo di padre dei poveri. Morì in Roma nel 1687, e fu sepolto in Santa Maria in Trastevere.

 

ALBERICI Mario, Cardinale. (Moroni, 1, pp.196-197): Mario Alberici, napoletano, dei principi della Veterana, nacque l’anno 1623. Ottenne da Alessandro VII un canonicato nella Vaticana. Essendo governatore di Ancona, sotto il medesimo Pontefice, in tempo di carestia impegnò la propria argenteria per sovvenire i poveri, e vi eresse un pubblico magazzino pel frumento. Ritornato a Roma, fu eletto segretario della congregazione di Propaganda; quindi passò alla segreteria de’ vescovi e regolari. Nel 1674 esercitò la nunziatura in Vienna col titolo di arcivescovo di Neocesarea. La specchiata esemplarità di sua vita gli acquistò in quella corte un credito così onorevole, che l’imperatore Leopoldo I lo volle a suo confessore. Compiuto il suo uffizio, Clemente X nel 1675 ai 27 maggio lo creò Cardinale prete di s. Giovanni a porta latina, e poscia lo promosse alla chiesa di Tivoli. Cinque anni dopo lasciò la vita in Roma, decorato del glorioso titolo di ornamento del sacro Collegio.

 

ALBERONI Giulio, Cardinale. (Moroni, 1, pp.197-199): Giulio Alberoni nacque di oscuri e miserabili genitori a Firenzuola nel Parmigiano; il 30 maggio 1664. Coltivò la terra fino all’età di quattordici anni, quando la squisitezza straordinaria di genio, che sentiva in se stesso, gli fece trovare i mezzi, onde uscire dal suo niente. Destro, manieroso, insinuante, si cattivò l’animo del vescovo di Piacenza, che l’ordinò sacerdote, e dopo alcuni impieghi gli conferì un canonicato della cattedrale. Per accidente di poco rilievo, in occasione per la guerra per la successione di Spagna, venuto in cognizione del duca di Vendome supremo comandante, delle truppe francesi, seppe così affezionarselo, che in breve divenne il suo confidente e consigliero. Di qua ebbe principio la sua fortuna. Il duca partitosi dall’Italia, volle seco l’Alberoni fino a Parigi, dove, scoprendo vieppiù il suo talento, ebbe a giovarsene in importantissimi affari. Accompagnò poscia Vendome alla corte di Spagna, e là pur acquistato gran nome, dopo la morte del duca, fu rimandato a quel re Filippo V, nipote del re di Francia Luigi XIV, col carattere di ministro del duca di Parma. La fama delle sue doti gli preparò una corrispondente accoglienza; Filippo V lo ammise alla corte e cominciò a trattarlo famigliarmente. Di ciò l’Alberoni con destrezza valendosi, come il re l’onorava di sua confidenza, nella morte della regina Maria Luisa di Savoia, potè persuaderlo alle nozze con l’unica figlia del proprio duca, Elisabetta Farnese. Tal evento pose il colmo in favore di ch’egli godeva. Filippo V nulla più faceva senza dell’Alberoni, che presto diventò l’arbitro della volontà di lui. Per mezzo della regina fu dichiarato duca, grande di Spagna e primo ministro. A tanta elevatezza non mancava che l’onor della porpora. L’aversi egli adoperato a ristabilire gli affari della S. Sede col re, e a riaprire la nunziature; l’aver promesso al Pontefice Clemente XI un soccorso di navi contro il turco, fecero si che il Papa, piegato alle suppliche della regina, lo creasse diacono Cardinale di s. Adriano, e vescovo di Malaga. Salito alla sommità degli onori, si occupò dei vantaggi del regno con si felice successo, che la Spagna sotto di lui aveva cangiato di aspetto. La pubblica economia veniva stabilita sopra solidi principii; le forze di terra e di mare stavano sopra un piede rispettabile, una posta instituita per le Indie occidentali, teneva in una regolata corrispondenza il mondo antico col nuovo; eransi instituita una scuola di nobili, per farli istruiti nella navigazione, e molti abusi, che avevano snervata la forza del regno, in gran parte toglievansi. Tutti questi benefizii erano l’opera dell’Alberoni. Ma cose assai più grandi andava egli meditando. Voleva riconquistare ciò che la Spagna aveva perduto in Italia; voleva accrescere la potenza e la ricchezza del principe; voleva che le manifatture del paese, invece degli stranieri, arricchissero i nazionali. Assalì pertanto la Sardegna e la Sicilia, e le ricuperò alla corona. Dipoi seguitò le pretensioni di Filippo V sulla reggenza di Francia durante la minorità di Luigi XV, sostenendola devoluta a lui come il più prossimo alla successione di quel regno. Divisava quindi di ristabilire sul trono d’Inghilterra la casa Stuarda e di armare lo Czar di Moscovia ed il re di Svezia, contro gl’inglesi; poscia concepito più vaste idee e collegatosi con altri principi, minacciava una guerra in tutta l’Europa. Ma questi nuovi disegni appena formati svanirono: chè le occulte fila ordite dall’Alberoni furono scoperte dal duca di Orleans, che voleasi da lui spogliato dalla reggenza di Francia. Filippo V ricevè un’ambasciata, che non avrebbe la pace se non licensiasse dal regno quel suo confidente, sotto il cui ministero la Spagna dovrebbe essere immersa in un mare di calamità. I forti maneggi del settentrione a danno del Cardinale, lo fecero divenire si odioso alla corte del monarca, che in breve se ne decretò la espulsione. Fuggito sollecitamente dal regno in mezzo a continui pericoli, ricevè l’ordine di fermarsi in Genova, dove gli fu intimato l’arresto a nome di Clemente XI, che era per molti motivi assai sdegnato di lui. Il Papa istituì una commissione di Cardinali per esaminare la causa dell’Alberoni; ma intanto prese egli la fuga, si rimase nascosto fino alla morte del Pontefice. Chiamato al conclave, ed eletto Innocenzo XIII, la causa dell’Alberoni fu nuovamente trattata con esito per lui così felice, che ne rimase in concistoro pienamente assoluto. Intraprese allora una vita devota, e si ritirò per qualche tempo nella casa dei Gesuiti. Dimessa la sua diaconia, ottenne il titolo di s. Lorenzo in Lucina, e da Benedetto XIII ebbe la consacrazione per la chiesa di Malaga, che poi dimise per annua pensione. Clemente XII lo spedì legato in Ravenna dove costrinse la repubblica di s. Marino ad assoggettarsi con solenne giuramento al dominio della Santa Sede, sebbene il Pontefice non ne desse l’approvazione. Ripreso l’antico vigore, l’Alberoni molto operò in servizio della S. S., ed in bene di quella città. Benedetto XIV gli conferì la legazione di Bologna, ed ivi pure vi sparse benefizii degni del suo grande animo. Ritiratosi poi in Piacenza, quivi terminò la vita in età di 88 anni. Lasciò erede dei suoi beni il collegio di s. Lazzaro da lui con magnificenza fondato per l’educazione di settanta chierici. La sua tomba trovasi nella chiesa del sopracitato collegio. Più circostanziate notizie dell’Alberoni ci presenta il marchese Ottievi, che ne scrisse la storia, la quale fu stampata in Roma l’anno 1756.

 

ALBERTI (degli) Alberto, Cardinale. (Moroni, 1, p.199): Alberto degli Alberti ebbe culla in Firenze da nobilissima famiglia. Essendo canonico di quella cattedrale, notaio apostolico e governatore di Perugia, nel 1437 da Eugenio IV fu eletto vescovo di Camerino col titolo di amministratore. Le virtù, che in lui brillarono, ed i meriti, che lo distinsero in vari impieghi, determinarono Eugenio IV ad ascriverlo al Sacro Collegio col titolo di s. Eustachio. Nel concilio generale di Firenze che si tenne l’anno 1439; molto si adoperò coi greci affine di ridurneli all’union della Chiesa. Coronato di sante azioni, spirò nel 1445 nel monistero di Grottaferrata, e fu sepolto in Firenze.

 

ALBERTI Andoino, Cardinale. (Moroni, 1, p.199): Andoino Alberti creato Cardinale prete dei ss. Giovanni e Paolo, da Innocenzo VI nel febbraio o marzo 1353: tenne sin dal 1349 il vescovato di Parigi, poscia quello di Auxerre. Nel 1361 fu trasferito alla chiesa di Ostia e Velletri. Fondò un collegio in Tolosa, ed uno spedale in Avignone. Consagrò il Pontefice Urbano V, e dopo dieci anni di Cardinalato, nel 1363 passò a miglior vita, avendo sepoltura in Villamiova.

 

ALBERTI Gregorio, Cardinale. (Moroni, 1, pp.199-200): Gregorio Alberti, dei conti di Montecarello, nacque in Toscana. Sostenne una legazione nell’Umbria, affine di ben ordinare e reggere quella provincia. L’anno 1190, nel mese di settembre, da Clemente III; fu creato Cardinale diacono di san Giorgio in Velabro. Vissuto per vent’anni in quella dignità, morì nel 1210.

 

ALBERTI Stefano. Cardinale. (Moroni, 1, p.200): Stefano Alberti prete Cardinale dei ss. Gio. e Paolo. V. INNOCENZO VI Papa.

 

ALBERTI Stefano, Cardinale. (Moroni, 1, p.200): Stefano Alberti di Limoges, nel 1340 fu abbate di sant’Idilio di Clermont, e sei anni dopo, di san Vittore in Marsiglia. Creato dallo zio Innocenzo VI, a’ 17 settembre 1363, Cardinale diacono di s. Maria in Aquiro, passò di poi al titolo presbiterale di s. Lorenzo in Lucina. Essendo venuto con Urbano V in Italia nel 1369, finì la vita in Viterbo, dove, per una sollevazione, aveva molto sofferto.

 

ALBERTI o ALBERTINI Nicolò, Cardinale. (Moroni, 1, p.200): Nicolò Alberti, dei conti di Prato in Toscana, nato nel 1250, professò a Firenze nell’Ordine de’ predicatori. Datosi con profitto agli studii, lesse le scienze teologiche nel convento di s. Maria sopra Minerva in Roma. Siccome uomo di molta prudenza e dottrina, venne incaricato del governo della provincia romana del suo Ordine. Bonifacio VIII, che ne scoprì le belle doti, nel 1229 lo promosse alla chiesa di Spoleto; quindi assegnatoli la nunziatura di Francia e d’Inghilterra, pacificò i due re Filippo ed Odoardo tra loro nemici; impresa assai difficile, che ad altri Cardinali non era riuscita. Il Pontefice Bonifacio gratissimo ai suoi servigi, lo fece vicario di Roma, e Benedetto XI, nel 1303, ai 18 dicembre, lo creò Cardinale vescovo d’Ostia e Velletri. Un anno dopo gli fu destinata la legazione di Firenze, dove per le fazioni dei Guelfi e Ghibellini, dei Bianchi e dei Neri, molto sofferse. Eccitatosi un tumulto contro di lui, nel 1304, si rifuggì in Perugia presso il Pontefice, che dell’ingiuria fatta al suo legato volle ben giusta ragione. Defunto Benedetto XI, egli si adoprò molto per l’elezione di Clemente V. Questo Papa, che doveva molto all’Alberti, gli donò tutta la sua confidenza, e di lui si valse e dei suoi consigli in parecchi importantissimi affari. Come legato a latere, assistè all’incoronazione dell’imperatore Enrico VII, ed a nome di Giovanni XXII passato in Sicilia, impose a Roberto il Savio la corona reale. Visse settantun anni ed ebbe nel 1321 la tomba in Avignone. Aveva egli cinta la sua patria di nuova mura, sovvenuti molti luoghi pii, e fondati due monisteri, uno in Prato, l’altro in Avignone. Morendo distribuì ai poveri tutte le sue facoltà.

 

ALBIMANO Guglielmo, Cardinale. (Moroni, 1, p.204): Guglielmo Albimano dei conti di Sciampagna e di Blois, nacque nel 1134. Il Pontefice Alessandro III conosciuta la sua destrezza di lui nel maneggiare gli affari col re d’Inghilterra, al fine di pacificarlo con s. Tommaso di Cantorbery, in ricompensa lo trasferì dalla chiesa di Sens, che teneva sin dal 1166, a quella di Reims. Colà consegrò re delle Gallie Filippo Augusto, ed ottenne in privilegio perpetuo che gli arcivescovi di quella sede, ad esclusione di ogni altro, dovessero incoronare i monarchi. Chiamato a Roma da Alessandro III, il re pregò il Pontefice di rivocare il decreto, asserendo che l’Albimano era l’occhi dei suoi consigli, e il braccio delle sue risoluzioni. Avendo poi quel principe ricevuta la croce per la terra santa, nel partire dal regno ne affidò il governo all’Albimano. Alessandro III in riguardo ai suoi meriti, nel 1179 o 1180, lo decorò della porpora col titolo presbiterale di s. Sabina, e lo creò arciprete della basilica vaticana. Egli fu il primo Cardinale che esercitasse la carica di ministro di stato in Francia. Innocenzo III lo incaricò di una legazione in Colonia, per estinguere lo scisma, che si era acceso in Magonza dopo la morte del Cardinale Corrado. Questa egregiamente compiuta, fece ritorno alla sua chiesa, che ampliò ed arricchì di preziosi arredi. Terminò i suoi giorni in Loan nell’anno 1202, essendo legato delle Gallie. Senza decidere sulle questioni, che lo accusano di debolezza in alcuni affari, noi diremo dell’Albimano, che fu tenuto in grande considerazione dagli uomini più illustri del suo tempo, e che la stima in cui l’ebbero essi, gli da anche diritto alla nostra.

 

ALBIZI Francesco, Cardinale. (Moroni, 1, p.205): Francesco Albizi di Cesena, nacque nel 1591. Venuto in Roma, proseguendo la sua professione di avvocato, fu fatto uditore della nunziatura di Napoli, e poi di quella di Spagna. Urbano VIII nel 1635 lo promosse alla carica di assessore del s. Offizio e fece che accompagnasse il Cardinal Ginetti, che portavasi legato a latere in Alemagna. Compito quel viaggio, venne eletto segretario della congregazione deputata sugli affari dell’Ibernia, e segretario delle congregazioni nella causa di Giansenio, e da Innocenzo X nel 1654 ai 2 marzo, fu creato Cardinale di s. Maria in Via. Scrisse molte opere, delle quali fa menzione il Tiraboschi nella Storia della Letteratura italiana. Fra queste si distinguono l’opera sulla giurisdizione de’ Cardinali nelle chiese del loro titolo, e l’altra De incostantia in fide admittenda, vel non. Sotto Urbano VIII scrisse ancora la bolla contro il libro di Giansenio. Il Cardinal Orsini, poi Benedetto XIII, in una lettera a quei di Cesena, pianse la morte dell’Albizi come una perdita amara. Questa successe nel 1684 contando egli 93 anni di vita.

 

ALBO, Cardinale. (Moroni, 1, p.205): Albo Cardinale della S. R. C. nacque in Viterbo. Dopo molti anni di vita eremitica, coll’aiuto del Cardinal Capocci, fondò un monistero di Cisterciensi. Le molte fatiche da lui sostenute a beneficio dell’ordine, ed in servigio della Sede Apostolica, indussero il sommo Pontefice Innocenzo IV a crearlo Cardinale nel dicembre del 1252, o 1253. Rapito in breve, spirava in Viterbo nell’anno 1254.

 

ALBORNOZIO Egidio, Cardinale. (Moroni, 1, pp.205-206): Egidio Albornozio, di Cuenca nella Spagna, di nobilissimi natali, aveva prima seguito le armi sotto Alfonso re di Castiglia: donatosi poi alla Chiesa, fu consecrato arcivescovo di Toledo. Lo zelo che dimostrò nel difendere la fede, e nel sostenere i principii della morale evangelica, gli cagionò non poche persecuzioni. Rifuggitosi in Avignone, il Pontefice Benedetto XII, a’ 18 decembre 1350 lo creò prete Cardinale di s. Clemente, e poscia lo fece vescovo di Sabina. Spedito da Innocenzo VI, nel 1353, legato in Italia, in cinque anni la ridusse a perfetta tranquillità, ricuperando le città che alcuni potenti si erano usurpate nell’assenza de’ Papi dimoranti in Avignone. Quivi tornato, Innocenzo VI gli andò incontro col sacro Collegio, fin due miglia fuori della città. In tale incontro l’Albornozio presentò al Pontefice le chiavi di tutte quelle città e castella, che avevagli ricuperato. Il Papa in pieno concistorio ne encomiò i meriti; l’onorò del titolo di Padre della Chiesa, e vindice della libertà ecclesiastica. Quindi nel 1358 fu costretto il Porporato a ritornare in Italia per ricuperarvi tuttociò che avea tolto ai tiranni , e per sedare le popolazioni ribelli, onde l’Italia era teatro di disordini e massacri. Rimase in questa seconda legazione per dieci anni. Tranquillati dei nuovi tumulti nati in Italia, il Papa lo mandò legato in Ungheria, indi nella Puglia, e poi nella Francia, che dovettero ben ammirare, oltre ai suoi rari talenti, la esimia bontà del suo animo. In Bologna, dove era egualmente legato, fondò un collegio per 24 giovani, ed ordinò un acquedotto dal fiume Reno alla città mancante di acque. Edificò nella Spagna una chiesa ed un monistero in onore di s. Biagio; in Toledo sei cappellanie col loro assegno. Coronato di gloria, spirò in Viterbo nel 1367.

 

ALBORNOZIO Egidio, Cardinale. (Moroni, 1, p.206): Egidio Albornozio d’illustre prosapia nacque in Talavera. Applicatosi allo studio delle leggi, fu eletto presidente di Pamplona, poi Inquisitore della fede, indi Arcidiacono di Burgos. Ad istanza del re cattolico, Urbano VIII, nel 1627 ai 30 agosto, lo creò prete Cardinale di s. Pietro in Montorio, al cui convento annesso compartì molti beneficii. Nel 1630 fu promosso all’arcivescovato di Taranto, ma risiedè sempre in Roma. E’ singolare la pietà di questo Cardinale verso i poverelli, a cui pensava come a cosa propria. Morì nel 1649 in Roma, e fu tumulato nella chiesa di s. Anna al Quirinale. Lasciò eredi le monache di s. Bernardo nella sua patria.

 

ALBORNOZIO Pietro, Cardinale. (Moroni, 1, p.206): V. GOMEZ.

 

ALBRET (d’) Amaneo, Cardinale. (Moroni, 1, p.208): Era fratello di Carlotta moglie di Cesare Borgia figlio di Alessandro VI. Nacque in Francia di regia stirpe. Fu archimandrita di san Rufo in Valenza. Nel 1500 Alessandro VI lo creò diacono Cardinale di s. Nicolò in carcere; indi dichiarollo amministratore della chiesa di Oleron. Giulio II nel 1504 lo fece vescovo di Cominges, nel 1510 gli affidò il governo della chiesa di Condom, e nel 1513 di quella di Lescar. Nell’anno poi 1511 venne eletto al vescovado di Pamplona, di cui però non ottenne mai il possesso. Morì nel castello di Belgiosa, a’ 2 settembre 1520, ove ebbe la tomba.

 

ALBRET Lodovico, Cardinale. (Moroni, 1, p.208): Lodovico Albret, o Alibret, nacque di regia stirpe. Pari alla nobiltà del sangue in lui brillarono le più stupende virtù; onde a buon diritto si riputò vero ornamento della Francia. Luigi XI, grande ammiratore delle sue doti, gl’impetrò la romana porpora, che Pio II a’ 18 settembre 1461 gli concedè, col titolo de’ ss. Pietro e Marcellino. Lo stesso Pontefice avevalo già fatto nel 1453 amministratore della chiesa di Cahors, le cui rendite furono copiosamente versate dall’Alibret nel seno dei poveri, e nell’adornare le chiese. Meritò per le sue virtù d’esser chiamato la delizia della Francia, e compì i suoi giorni nel 1465 in età di soli 43 anni.

 

ALBY o ALBIA Bernardo, Cardinale. (Moroni, 1, p.208): Bernardo Alby, o Albia, uomo dottissimo, nel 1336 ebbe il vescovato di Rhodez. I meriti, che lo distinsero nella legazione di Spagna, furono il motivo del suo innalzamento. Benedetto XII nella promozione del 1338 a’ 18 dicembre, lo creò Cardinale del titolo presbiterale di s. Ciriaco, quantunque egli fosse assente. Presiedette ad un concilio celebrato in Barcellona. Clemente VI nel 1343 lo mandò nuovamente legato in Ispagna presso il re di Aragona e quel di Majorca. Fra questi stabilì una tregua di otto mesi. Nel 1348 fu trasferito dal suo titolo al vescovado di Porto. Trovossi presente al giuramento fatto da Carlo di Moravia eletto imperatore, che si obbligava a difendere i diritti della S. R. C. Morì nel 1350 in Avignone.

 

ALCIATO Francesco, Cardinale. (Moroni, 1, pp.210-211): Francesco Alciato di Milano, uno dei principali professori del diritto in quella città, lo insegnò a Pavia, ed ebbe a discepolo s. Carlo Borromeo. Per cura di tal santo fu chiamato in Roma, dove Pio IV, dopo averlo spedito internunzio in Boemia, gli conferì un vescovado e l’occupò nell’impiego di datario, procamerlengo, ed appresso nel 1565, ai 12 marzo, lo creò Cardinale diacono di s. Maria in Portico, quindi prete di s. Susanna. Fu poscia dichiarato protettore dei certosini, de’ minori, dei regni di Spagna ed Ibernia presso la S. Sede; fu ascritto alle congregazioni del s. uffizio, del concilio e de’ vescovi. Pio V gli affidò la carica di vicepenitenziere, e di poi avendo stabilito un nuovo collegio di penitenzieri, creò l’Alciato sommo penitenziere. Mureto afferma, in una delle sue orazioni sull’eccellenza delle scienze, che il Cardinale Alciato era l’ornamento del secolo, il sostegno delle lettere, ed il vero modello della virtù e della erudizione. La sua morte accadde in Roma l’anno 1580, sessagesimottavo dell’età sua. Fu sepolto nella chiesa de’ certosini, di cui era stato protettore.

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