ORDINI  MONASTICI


CONGR.  BENEDETTINA CASSINESE illustrazione

Congregatio Casinensis O.S.B. (1408)

D’azzurro a tre colli d’oro in punta, sormontati da una croce patriarcale (a due traverse) con la parola PAX d’oro.[1]

Oppure:

D’argento (o d’azzurro) a 6 monti all’italiana di verde (3,2,1) sormontati dalla Croce latina di nero, caricata sulla base dal motto PAX. Sovente lo scudo è sormontato dalla mitra, dal pastorale e dal cappello nero a 12 fiocchi.[2]

Come si evidenzia la descrizione dello stemma benedettino tradizionale, oggi privilegio della Congregazione cassinese, è diversa a secondo degli autori e le combinazioni di elementi araldici dentro e fuori lo scudo sono molteplici.

Dalla “Breve Dechiaratione dell’Arbore Monastico Benedettino” edita a Venezia nel 1594 si ricava invece questa descrizione dell’Arme:

“… una croce, col Pax, d’oro, sopra tre monti d’oro, in campo turchino”

Difficile quindi affermare quale sia lo stemma più “autentico”  dell’Ordine benedettino (oggi della Congregazione cassinese, erede della riforma di S.Giustina di Padova). Attualmente viene usato ufficialmente lo scudo con i tre monti di colore verde in campo azzurro, la croce di  Lorena d’oro caricata dalla parola PAX  dello stesso.

Altro esemplare  dello stemma benedettino  a colori oggi usato dalla Congregazione cassinese e da molti monasteri delle diverse Congregazioni benedettine.

I tre monti, comuni a molte altre congregazioni benedettine e non solo, rappresenterebbero, secondo l’interpretazione più diffusa, il Calvario ma, come vedremo, esistono in proposito anche altre interpretazioni.

Secondo una di queste il monte centrale configurerebbe la posizione di Montecassino, situato tra due alture, su cui è posta la croce patriarcale di S.Benedetto.[3]

Per altri[4], i tre voti monastici di povertà, obbedienza e castità sarebbero molto opportunamente rappresentati dalle tre montagne, faticose a scalarsi, per raggiungere Gesù crocefisso, “in cui è riposta la nostra perfezione, mediante la crocifissione e la morte del nostro io…”.

CONGR.  BENEDETTINA SVIZZERA illustrazione

Congregatio Helvetica O.S.B. (1602)

La Congregazione benedettina svizzera,  come altre congregazioni in cui l’autonomia delle singole abbazie è molto forte, non ha un proprio stemma, ma usa comunque un sigillo particolare che rappresenta la vergine “Immacolata” sotto il cui patrocinio è posta la Congregazione.

L’Immacolata è rappresentata con il piede destro che schiaccia il serpente (Gn 3, 15). Nell’iconografia conosciuta essa appare vittoriosa, rivestita di sole con ai piedi la luna, come in questo caso.

CONGR. BENEDETTINA D'AUSTRIA  illustrazione                                                                                       

Congregatio Austriaca ab Immacolata Conceptione (1625)

Anche la Congregazione Austriaca è dedicata all’Immacolata concezione, ma qui l’iconografia rappresentata nel sigillo non corrisponde ai canoni tradizionali di raffigurazione dell’Immacolata. L’immagine di Maria è posta all’interno di una fascia in palo con ai lati il motto benedettino PAX.

La Vergine Maria è raffigurata in posizione orante e l’unico riferimento all’Immacolata è rappresentato dalle dodici stelle attorno al capo (Ap 12); mancano infatti gli attributi tradizionali del serpente e della luna.

CONGR.  BENEDETTINA   DI BAVIERA  illustrazione

Congregatio Bavarica O.S.B. (1684)

Scudo bipartito: la parte destra porta le armi di Baviera a losanghe azzurre e d’argento alternate “losangato d’azzurro e d’argento”, quella sinistra porta le armi di papa Innocenzo XI, cioè della famiglia Odescalchi, così descritte:

D’argento, a tre barre di rosso accompagnate da un leone passante in capo e sei  (3, 2, 1) coppe di rosso, con il capo dell’impero

La Congregazione era stata fondata da Innocenzo XI il 26 agosto 1684, e sarà poi ricostituita da Pio XI il 5 febbraio 1858.

CONGR. BENEDETTINA DEL BRASILE illustrazione

Congregatio Brasiliensis O.S.B. (1827)

Lo stemma della Congregazione brasiliana, qui ripreso dal sigillo ufficiale,  trae origine probabilmente da quello dell’antica Congregazione Portoghese estinta nel 1834 (vedi  voce relativa.), da cui si staccò nel 1827, che a sua volta riprende i motivi di quello dell’Abbazia di Montecassino.

In realtà lo stemma di Montecassino, assieme a quello di Subiaco (che è simile) presenta il leone e la torre in posizione invertita rispetto allo stemma adottato prima dall’estinta Congregazione Portoghese, poi da quella Brasiliana.

L’Abate Presidente della Congregazione Brasiliana, D.Basilio Penido,  sostiene che il leone con il pastorale rappresenterebbe San Benedetto, mentre la torre  da cui sgorga il fiume, l’Abbazia di Montecassino, la  cui spiritualità si diffonde sul mondo intero.

In realtà, ricerche storiche recenti hanno dimostrato che lo stemma cassinese non è altro che quello personale del fondatore San Benedetto, derivante dall’unione del simbolo del “Leone”  proprio della famiglia Riguardati di Norcia (arma paterna) e della “Torre” della “gens Anicia” (arma materna). L’unione dei due stemmi non dovrebbe essere altro che la codificazione attestante l’origine genealogica materna e paterna del santo fondatore.[5]

L’inserimento del pastorale sorretto da tre zampe di leone, presente in alcuni antichi stemmi sublacensi sembra rappresenti il potere proprio dell’abate, in quanto scompare con l’introduzione della commenda nel XV secolo. Proprio la presenza del  pastorale in tali stemmi potrebbe essere l’elemento che ha fatto ritenere nel tempo che il leone rappresenti San Benedetto da Norcia e, penso per analogia, nella torre è stata identificata l’abbazia di Montecassino, da cui si è irradiata l’opera del Santo nel mondo intero.

Elemento nuovo aggiunto nello stemma in analisi è invece il “disco solare” che sembra splendere sopra la torre e fa da complemento al fiume che sgorga dalla base della stessa. Sono assenti invece i due cipressi che affiancano la torre nell’attuale stemma di Montecassino e di Subiaco.

CONGR.  BENEDETTINA   DI SOLESMES illustrazione

Congregatio Solesmensis O.S.B. (1837)

D’azzurro al pastorale d’argento posto in palo e accompagnato da due stelle dello stesso.

Una disposizione del Breve di fondazione della Congregazione di Francia ora detta di Solesmes, dal nome dell’Abbazia madre, datata 1 settembre 1837, dava alla nuova Congregazione benedettina affiliata a quella Cassinese un blasone partito di Montecassino e di Solesmes che si leggeva:

“d’azzurro alla montagna d’oro sormontata da una croce patriarcale di nero, il motto PAX d’oro posto in fascia ai suoi piedi (che è di Montecassino), e di nero al pastorale d’argento contornato ed accompagnato da 2 stelle del medesimo (che è di Solesmes).”

Questo stemma andrà in disuso a partire dal 1921, anno dell’adozione ufficiale  dell’attuale stemma dell’Abbazia di S.Pierre di Solesmes, che è “inquartato, al I e 4 d’oro all’aquila d’azzurro, al 2 e 3 partito d’azzurro seminato di fiordalisi d’oro, e di rosso a 3 leopardi d’oro posati l’uno sull’altro, sul tutto d’argento ad una spina al naturale”.

Nel 1960, Dom Georges Saget, inviò una mozione al Presidente del Capitolo generale in favore della determinazione ufficiale delle armi della Congregazione di Francia. Al posto di quelle cadute in disuso e di quelle dell’Abbazia di S.Pierre, egli propose di ratificare l’uso di servirsi di quelle dell’antico scudo di Solesmes “Di nero al pastorale d’argento posato in palo e accompagnato da due stelle dello stesso”.

Di fatto fu adottato lo stemma attribuito al Priorato di Solesmes nel 1696 dall’Hozier nel suo famoso “Armorial général de France”.

Il 22° Capitolo Generale adottò ufficialmente questo blasone, sostituendo il campo nero con un campo azzurro in ricordo di Dom Guéranger, restauratore del-l’Ordine Benedettino in Francia dopo le soppressioni rivoluzionarie, il quale portava “d’azzurro… alla rosa di rosso fogliata di sinopia, accompagnata da 12 stelle d’oro”.

Le due stelle rappresenterebbero gli apostoli S.Pietro e S.Paolo, ai quali in origine fu dedicato dai vescovi Avesgaud di Mans e Hubert d’Angers il monastero di Solesmes.[6]

CONGR. BENEDETTINA   AMERICANA CASSINESE illustrazione

Congregatio Americana Casinensis O.S.B. (1855)

La Congregazione benedettina americana cassinese dichiara di non essere dotata di un proprio stemma specifico, ma si è riscontrato che fa uso dell’emblema sopra raffigurato che rappresenta l’aquila americana, ma con le ali abbassate, accollata dal tradizionale scudo cassinese con la croce patriarcale sopra i tre monti all’italiana e il motto PAX.

L’Aquila, Re degli uccelli, compagno di Giove custode della folgore, in araldica è il simbolo della Maestà e della Vittoria, della forza e del potere sovrano, ed è anche il simbolo degli Stati Uniti d’America, adottato ufficialmente nel 1782.

Nello stemma qui raffigurato, l’Aquila stringe un ramoscello d’olivo nell’artiglio destro e tre frecce con la punta rivolta verso il basso in quello sinistro. Nello stemma statunitense invece le frecce sono 13 e rivolte verso l’alto. L’olivo e le frecce rappresentano il potere di guerra e di pace.

CONGR. BENEDETTINA SUBLACENSE illustrazione

Congregatio Sublacensis O.S.B. (1872)

La Congregazione Benedettina Sublacense usa un emblema privo di smalti e colori,  che raffigura la croce patriarcale sui tre monti all’italiana con il motto PAX dei Cassinesi (da cui trae origine) posta su tre linee increspate come onde che probabilmente vogliono simboleggiare il mare (essendo la Congregazione diffusa in tutti i continenti).

Non si è a conoscenza di quando l’emblema sia stato adottato ed usato dalla Curia generalizia della Congregazione.

CONGR.  BENEDETTINA   ELVETO-AMERICANA illustrazione

Congregatio Helveto-Americana O.S.B. (1881)

Il Sigillo ufficiale a secco della Congregazione,  contiene al suo interno uno scudo araldico quadripartito di interpretazione piuttosto difficile.

Nel I° porta il motto PAX e i tre chiodi della passione all’interno di una corona di spine, molto simile all’emblema dei Maurini, il 2° un fiore a cinque lobi che assomiglia molto alla rosa di Dom Guéranger , il 3° una croce latina che ricorda il simbolo della Svizzera e il 4° un fiordaliso.

Se l’inserimento della croce svizzera è facilmente comprensibile, vista l’origine della Congregazione che rimane nella denominazione stessa, per i restanti tre simboli la motivazione potrebbe essere la seguente.

Il motto PAX nella forma descritta potrebbe riferirsi semplicemente all’Ordine Benedettino, senza agganci particolari alla Congregazione maurina, con la quale non si vedono motivi di collegamento.

La rosa a cinque petali potrebbe indicare una deformazione, dettata dall’uso di questo simbolo fatto in America dai numerosi monasteri benedettini di origine solesmiana, del fiore a 4 petali che l’angelo al centro dello stemma dell’Abbazia madre di Engelberg in Svizzera, tiene nella mano sinistra.

Il fiordaliso potrebbe rappresentare l’America, posta sotto il patronato dell’Immacolata Concezione.[7]

CONGR.  BENEDETTINA   DI SANT'OTTILIA illustrazione

Congregatio Ottiliensis O.S.B. (1884)

Scudo bibartito, nella parte superiore di rosso crociato d’argento e in quella inferiore di nero ad un candelabro a cinque braccia d’oro cimato da cinque candele accese.

Motto: LUMEN CAECIS

Lo stemma, creato dal primo abate P. Norbert Weber, vuole significare l’amore (di rosso) che porta la luce di Cristo (la croce argentata) nella notte (di nero) ai cinque continenti (il candelabro a cinque braccia). Infatti la Congregazione, pur essendo monastico benedettina è ad indirizzo missionario.

Il motto LUMEN CAECIS (Illumina il buio) riassume la simbologia dello stemma ed è anche un riferimento alla patrona dell’ordine Sant’Ottilia d’Alsazia; nata cieca e miracolata durante il battesimo da San Erhard di Regensburg, divenne,  dopo varie traversie familiari, monaca benedettina ed abbadessa.

CONGR.  BENEDETTINA DELL'ANNUNZIATA illustrazione

Congregatio ab Annunciatione B.M.V. (1920)

Il sigillo della Congregazione non rispecchia alcuna norma araldica e raffigura l’Annunciazione dell’Angelo alla Vergine Maria..  Al centro, sopra le due figure è posto lo Spirito Santo in forma di colomba e, ai piedi, la data di fondazione della Congregazione, a.d. 1920.

Questa è stata posta sotto il patronato dell’Annunciazione della B.M.V. su suggerimento dell’Abate Marmion OSB quando la Congregazione “Belga” si separò dalla Congregazione “Germanica” di Beuron.

CONGR.  BENEDETTINA OLIVETANA    illustrazione                                                                                   

Congregatio S.Mariae Montis Oliveti, O.S.B. (1313)

D’azzurro al monte di tre cime d’argento, sormontato da una croce di rosso o di nero, affiancata da 2 rami di ulivo verde uscenti dalle cime laterali.

Trattasi del primo esempio che incontriamo di uno stemma dell’abbazia madre (Monte Oliveto Maggiore) che diventa emblema proprio della Congregazione ed anche delle singole abbazie appartenenti alla stessa. Come vedremo, in altri casi simili (Congregazione Camaldolese, Vallombrosana), alcune importanti abbazie storiche conserveranno invece un proprio stemma autonomo diverso da quello della Casa madre e della Congregazione.

E’ chiaramente un esempio di stemma “parlante” che unisce i tradizionali elementi benedettini dei tre monti sormontati dalla croce ai rami di olivo (Monte Oliveto).

Si riporta l’interpretazione che ne diede il ven. Mauro Puccioli di Perugia (+1650).

‹‹Osserviamo il nostro stemma; io noto in primo luogo le montagne, sono luoghi solitari adatti alla preghiera. E’ sul Monte degli Ulivi che Gesù pregava il Padre…. Così noi saremo veri discepoli di Gesù se ci applicheremo alla preghiera. La croce rossa ci propone come oggetto di contemplazione la passione di nostro Signore, che in realtà è il soggetto di orazione più ovvio, più facile e più utile… Ma vi sono inoltre i due ramoscelli di ulivo che ornano i due monti laterali… i due ramoscelli ci richiamano a dover fruttificare nella chiesa come olivo per la salvezza del prossimo: “Io sono nella casa di Dio come olivo carico di frutti”… I suoi rami pendenti ed inclinati, tanto più quanto maggiormente carichi di raccolto, c’insegnano ad essere molto umili e obbedienti. Non tollerando ai suoi piedi altre piante, quest’albero simbolizza la povertà. La castità è invece rappresentata dal suo legno che resiste alla corruzione. I tre voti sono molto opportunamente rappresentati dalle tre montagne faticose a scalarsi, poiché bisogna operare sforzi per raggiungere Gesù Crocifisso, in cui è riposta la nostra perfezione, mediante la crocifissione e la morte del nostro io…››

Come si può dedurre,  l’interpretazione dei simboli è molto ricca e spesso soggettiva, legata alla spiritualità propria di ciascun Ordine e al contesto dei singoli periodo storici di riferimento.

CONGR.  BENEDETTINA VALLOMBROSANA  illustrazione

Congregatio Vallis Umbrosae Ordinis S.Benedicti  (1039)

D’azzurro ad un bastone o gruccia a forma di Tau  posto in palo cimato da due teste di leone d’oro, sostenuto da un braccio al naturale rivestito da una cocolla nera (anticamente tanè), lo scudo timbrato da una mitra e sormontato da un cappello nero a 12 fiocchi.

Al di sotto cartiglio con il motto: DISCIPLINA PACIS.

Tale motto comincia ad essere usato saltuariamente ai primi del secolo scorso.

Il colore della manica è variato con il variare del colore dell’abito nei secoli: da tanè, simile al marrone bruciato, al grigio scuro e poi al nero.

Il braccio che stringe la gruccia a forma di Tau è probabilmente quella di S. Giovanni Gualberto, fondatore dell’Ordine Vallombrosano. Il bastone era senz’altro l’attributo degli eremiti (i primi monaci della congregazione erano eremiti) ma non si conosce il significato delle due teste di leone. Non si sa se l’impugnatura a forma di Tau sia da porsi in riferimento ai complessi significati che aveva anticamente questo simbolo.[8]

Le principali abbazie espongono generalmente stemmi propri, a volte bipartiti con quello della Congregazione (in pratica quello dell’Abbazia-madre di Vallombrosa.

CONGREGAZIONE CAMALDOLESE O.S.B. illustrazione

Congregatio Camaldulensis O.S.B. (980)

D’azzurro, al calice d’oro, sormontato da una stella o da una cometa d’oro; al calice  si abbeverano due colombe d’argento affrontate.

Motto: EGO VOBIS, VOS MIHI

Lo stemma camaldolese è sostanzialmente formato da due colombe rampanti ai lati di un calice d’oro, o sull’orlo di esso in atto di abbeverarsi. In origine era il sigillo del priore di Camaldoli, ma non aveva uno schema definitivo, per cui si notano particolarità anche di rilievo. Le colombe stesse sembra che fossero stati pavoni, simbolo dell’immortalità e poi della resurrezione della carne. Le due colombe col calice diventano poi lo stemma della Congregazione per l’uso che ne faceva il priore di Camaldoli, il quale era anche superiore generale.

Col secolo XVII appare sopra il calice la cometa. Poi il cappello prelatizio, le insegne pontificali, mitra, pastorale e il motto.

Diverse sono in questo caso le interpretazioni: un’antica tradizione ha voluto vedere nello stemma il simbolo dell’ascesi camaldolese: la vita attiva (monaci) e la vita contemplativa (eremiti) sotto le sembianze delle due colombe che bevono nello stesso calice, Cristo. E’ questa una interpretazione certamente fantasiosa e probabilmente le due colombe e il calice derivano da un simbolo eucaristico, noto nell’alto medioevo, che è identico a quello camaldolese. Anche un mosaico del V secolo a Ravenna porta due colombe in atto di bere ad una fonte, probabilmente una visione allegorica dei fedeli rigenerati dalle acque battesimali.

Sul sarcofago di S.Ambrogio a Milano, due colombe in atto di bere ad un calice sono un’allusione al Sacramento dell’Eucarestia.

Un’altra interpretazione non molto accreditata sostiene che lo stemma camaldolese trarrebbe origine da quello della famiglia Sassi di Ravenna da cui sembra provenisse San Romualdo, dopo aver sostituito il colle di mezzo con il calice e i due leoni rampanti con le due colombe.[9]

Lo stemma descritto, venne adottato da tutte le Congregazioni camaldolesi ad eccezione di quelle di Fonte Avellana e di Monte Corona e innalzato da quasi tutti i monasteri; a volte in quelli storici ed aggregati in seguito all’Ordine (come nel caso di S.Maria degli Angeli a Firenze e Sant’Apollinare in Classe a Ravenna) affiancato da quello proprio dell’Abbazia.

CONGR.  BENEDETTINA SILVESTRINA  illustrazione

Congregatio Silvestrina O.S.B. (1231)

Le più antiche raffigurazioni dello stemma della Congregazione si trovano in due codici della metà del secolo XV, conservati nella Staatsbibliothek der Stiftung Preussischer Kulturbesitz di Berlino e nella British Library di Londra.

Tale stemma è costituito da uno scudo gotico sormontato da una mitra. Nel campo dello scudo di colore azzurro o d’argento si erge un monte di tre cime di rosso: dietro quella centrale, più elevata, appare un pastorale d’oro e dai lati della medesima spuntano due steli di rosa.

Probabilmente esso venne adottato in seguito alla bolla Exposcit tuae devotionis del 30 aprile 1449 con cui il papa Nicolò V concesse al priore generale Stefano di Antonio da Castelletta e ai successori nel governo dell’Ordine l’uso delle insegne pontificali.[10]

Se è chiaro il riferimento all’eremo di Montefano presso Fabriano, casa madre della Congregazione, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda il monte centrale sul quale è posto il pastorale. Difficile infatti spiegare la presenza delle due rose rosse. Potrebbe essere stato preso a modello lo stemma di Monte Oliveto, sostituendo i ramoscelli di olivo con le rose,  noto simbolo mariano.

CONGR.  BENEDETTINA   DEL CONO SUR illustrazione

Congregatio Coni Australis de Sancta Cruce O.S.B. (1970)

La Congregazione benedettina sudamericana del Cono Sur intitolata alla Santa Croce, di recente costituzione,  non è dotata di un vero stemma ma usa un sigillo molto semplice con una croce latina. Ai quattro angoli di intersezione della croce è posta la scritta dedicatoria “DE LA SANTA CRUZ”.

CONGR. DEGLI EREMITI CAMALDOLESI

DI MONTE CORONA  illustrazione

Congregatio  Eremitarum Camaldulensium Montis Coronae: E.C.M.C. (1523)

D’azzurro (o d’argento) al monte di tre cime di verde sostenente una croce di rosso  entro una corona radiante d’oro e accostato dalle lettere M C.

Trattasi di un chiaro esempio di “arma parlante” (Monte Corona). Lo stemma della croce sui tre monti fu adottato nel 1525 per sottolineare la diversità dai Camaldolesi. Più tardi fu aggiunta una corona per ricordare il nome del monte sul quale era stato edificato l’eremo principale della Congregazione.

Tutti gli eremi, ad esclusione di quello di Monte Rua, che è dotato di un proprio stemma, hanno sempre usato quello della Congregazione.

MECHITARISTI  illustrazione

Ordo Mechitaristarum Venetiarum, Monachorum Armenorum sub Regula S.Benedicti. (1701)

Ordo Mechitaristarum Vindobonensis: C.M.V. (1773)

Lo stemma della Congregazione Mechitarista, di origine armena, presenta diversi elementi simbolici la cui spiegazione mi è possibile grazie alle indicazioni gentilmente inviatami da P. Giuseppe  Behsnilian del Monastero di S.Lazzaro degli Armeni di Venezia.

L’angelo che sovrasta lo stemma vuole significare che la vita monastica è un dono di Dio, una società non naturale ma di carattere soprannaturale.

La campana vuole simboleggiare l’obbedienza.

La fiamma, l’ardore che deve animare coloro che sono chiamati ad una vita di servizio nella casa di Dio.

Il bastone rappresenta il pastorale che i monaci sacerdoti armeni portano in segno di potestà ricevuta per la predicazione.

Il libro rappresenta la dedizione alla scienza, prima quella sacra e poi quella profana, per poter meglio evangelizzare il popolo armeno attraverso la sua propria cultura.

Vi sono poi quattro lettere nello stemma:

Quella superiore è una U e vorrebbe significare “figli”.

Quella a sinistra è una G e vorrebbe significare “della Vergine”.

Quella in basso è una V e sta per “dottore” cioè insegnante predicatore.

Quella a destra è una A vale a dire “di penitenza”.

Quindi “Figli della Santa Vergine, predicatori di penitenza”.

Per tale ragione lo stemma è costellato di croci che stanno a significare l’impossibilità della vera sequela di Gesù, se non attraverso la croce e la penitenza.

Dopo la divisione dell’Ordine Mechitarista in due Congregazioni nel 1773, quella Veneziana e quella Viennese, nell’uso si sono affermati due stemmi leggermente diversi, anche se sostanzialmente contenenti la gran parte degli elementi presenti in quello originario, oggi usati dalle due Curie generalizie e riprodotti qui di seguito.

Il primo, della Congregazione di Venezia, presenta uno scudo azzurro con una croce mechitarista d’oro al centro dei quattro simboli tradizionali, lo scudo timbrato da una corona d’oro e accollato da due pastorali, uno di forma latina e uno orientale.

Il secondo, della Congregazione di Vienna, presenta la croce mechitarista con i quattro simboli, ma priva dello scudo araldico e sostenuta da due rami d’olivo.

ORDINE CISTERCENSE illustrazione

Ordo Cistercensis: O.Cist. (1098)

Ordo Cistercensium Strictoris Observantiae: O.C.S.O. (1664)

D’azzurro seminato di gigli d’oro, caricato in cuore da uno scudetto bandato d’oro e d’azzurro di 6 pezzi, alla bordura di rosso.

Si tratta semplicemente delle antiche armi del Ducato di Borgogna posate in cuore su quelle antiche del Regno di Francia. Infatti l’Ordine ha semplicemente adottato lo stemma dell’abbazia madre di Citeaux, situata in Borgogna.

Nello stemma ufficiale usato dalla Curia Generalizia il campo seminato di gigli non è ben riuscito graficamente e questi sembrano formare una bordura attorno allo scudo centrale. Nello stemma a fianco, qui rappresentato a colori, si dà invece una corretta rappresentazione dello scudo cistercense.[11]

Lo scudo è timbrato dalla mitra e da due pastorali posti in decusse. Sotto, in un cartiglio, il motto: CISTERCIUM MATER NOSTRA.

G.Bascapè afferma essere lo stemma dei Cistercensi italiani: di nero alla banda scaccata d’argento e di rosso, ma questa è l’arma propria dei Signori di Fontaines. Quindi è quella personale di San Bernardo di Chiaravalle, ritenuto il fondatore dell’Ordine, che eserciterà una notevole influenza nell’araldica cistercense soprattutto in Italia, in Svizzera, in Spagna e in Portogallo.

A causa della sua notevole diffusione, anche diversi autori di importanti lavori specialistici, fra i quali Galbreath e Heim hanno spesso confuso lo stemma della famiglia feudale dei Fontaines, ai quali apparteneva San Bernardo, con lo stemma dell’Abbazia di Clairvaux (Chiaravalle) o addirittura con quella di Citeaux.

Sia l’ordine Cistercense, sia quello riformato della Stretta Osservanza (detti anche Monaci trappisti, dalla famosa riforma dell’Abbazia della Trappa) hanno adottato lo stemma di Citeaux.

Le 12 Congregazioni  aderenti all’Ordine Cistercense oggi esistenti non hanno stemmi propri ed usano quello dell’Ordine; farebbe eccezione la Congregazione della Corona d’Aragona che ne era dotata anticamente (è stata  ricostituita solo nel 1987). Dell’antico stemma di questa parleremo unitamente a quelli di altre Congregazioni cistercensi della penisola iberica estinte.

CERTOSINI illustrazione

Ordo Cartusiensis (1084)

D’argento al globo d’azzurro,(talvolta i colori sono invertiti) fasciato d’oro e sormontato da una crocetta d’oro. Il globo è recinto da una cerchia di 7 stelle d’oro e dal Motto: STAT CRUX DUM VOLVITUR MUNDUS.

Trattasi dell’attuale stemma della “Grande Chartreuse”, Casa Madre dell’Ordine Certosino. Ai primordi dell’Ordine si usò solo la croce patente quale emblema sui sigilli della Grande Certosa. Il globo terrestre sormontato dalla croce, ha fatto la sua comparsa solo nel XIII secolo. Le stelle al di sopra del globo cominciarono a figurare sui sigilli o sulle stampe solo nel corso del XVII secolo. Quanto al motto, si rinviene la prima volta verso il 1600 ed è rimasto poco usato prima del XIX secolo. In precedenza si trovava la scritta Mundus mihi cruxifixus est.

Il Capitolo generale dell’Ordine non ha mai adottato uno stemma ufficiale accontentandosi semplicemente di usare quello della Casa Madre.

In realtà, in passato, vennero utilizzati anche altri stemmi non ufficiali come il monogramma CAR (Cartusia) intrecciato ad una croce latina, molto usato in Italia nei sigilli e negli stemmi delle singole Certose) e anche un elaborato ed “affollato” scudo, con una croce latina centrale contornata da tutti gli attributi noti della passione, quali: la corona di spine, i 3 chiodi, la targa con la scritta INRI, la spugna , la lancia di Longino,  il gallo che canta su una colonna, le tenaglie, il martello posto in decusse con lo staffile e i dadi in numero di 3.

Il significato dello stemma certosino  si presta a diverse interpretazioni  qui rappresente: [12]

Le stelle ricordano i primi sette Certosini e il sogno premonitore delle sette stelle avuto da Sant’Ugo, vescovo di Grenoble.

La croce che sta salda sul mondo simboleggia la fermezza, la stabilità dell’Ordine che nel continuo agitarsi di uomini, di idee, di cose, per nove secoli non è stato oggetto di alcuna riforma.

Secondo altri, lo stemma vorrebbe significare che la croce ritta al di sopra del turbine delle cose umane che passano, dei piaceri umani che sono effimeri, delle vanità umane che periscono, la croce eretta, alta, immobile è portata, sostenuta, elevata non dal mondo instabile, bensì da anime stabili nei loro propositi, consacrate alla preghiera, votate al sacrificio come, per vocazione sono i Certosini, amanti della croce, chiamati ad esaltarla al di sopra del mondo mediante la loro vita di penitenza.

Ogni singola Certosa aveva ed ha poi il suo sigillo, a volte un vero e proprio stemma, su cui generalmente figurano le armi del fondatore o quelle del Santo titolare o patrono della Casa.[13]

MONACI DI S.PAOLO       PRIMO EREMITA illustrazione

Ordo Fratrum S.Pauli Primi Eremitae: O.S.P.P.E. (1215)

Lo stemma dell’Ordine dei Paolini nel corso dei secoli è stato sottoposto ad un’evoluzione considerevole. Secondo le osservazioni dello storico P. Janusz Zbudnieweg O.S.P.P.E. di Jasna Góra, da questo gentilmente trasmesse all’autore, sino alla fine del XVI secolo i Generali sigillavano i documenti con le figure del patriarca San Paolo Primo Eremita e con quella del legislatore Sant’Agostino. Tra le due figure si trovava una palma simbolica e sopra di essa la madre di Dio con il Bambino. Questo stemma si incontra nei documenti dell’anno 1634 (Archivio Vaticano, Visite e Collegi 1634 T. 12 K. 141 V.).

Su un documento del 1534 appaiono anche San Paolo e Sant’Agostino con un libro in mano, sopra di essi la Madre di Dio e, per la prima volta, un corvo nero con un pane nel becco; in mezzo viene collocata una palma. (Archivio di Jasna  Góra, coll. 2271, pag. 1)

Nel Rubrica Generalis fratrum S.Pauli I Eremitae, Cracovia 1536, si incontrano San Paolo ed S.Antonio Abate con sullo sfondo le palme e un corvo con un pane.

Nel secolo XVIII, in un ovale araldico diviso in quarti, si vedono una palma (al I° e al 4°) e un leone rampante verso il centro (al 2° e al 3°) con al centro, in uno scudo, un corvo con un pane. Questo stemma ebbe origine probabilmente in Ungheria ed è quello attualmente usato.

Il motto è: SOLUS CUM DEO SOLO.

A partire dal XIX secolo, veniva invece usato uno stemma con una palma al centro fra due leoni affrontati appoggiati alla stessa con le zampe anteriori e, sopra di essa, un corvo con un pane nel becco (vedi fig. 4).

Nato a Tebe, probabilmente nell’anno 230, Paolo fuggì nel deserto durante la persecuzione di Decio ove, secondo la tradizione trasmessaci da San Girolamo, dimorò per 90 anni cibandosi del pane che gli veniva portato da un corvo.

I riferimenti all’opera di San Girolamo sulla vita di San Paolo primo Eremita sono quindi evidenti nel corvo con il pane nel becco e, come vedremo, nei due leoni.

“Quando S.Paolo e S.Antonio che erano amici apparivano insieme erano sempre accompagnati da un corvo che portava un pezzo di pane ogni giorno nella loro grotta”

E sempre leggendo San Girolamo, i leoni aiutarono Sant’Antonio a seppellire l’amico:

“Proprio quando Sant’Antonio stava ponderando come dovesse seppellire il suo amico, i due leoni giunsero di corsa, con le criniere svolazzanti, dal deserto interno, e si diressero verso di lui. …. Vennero diretti al corpo di San Paolo e si fermarono presso di lui dimenando le code, poi si accucciarono ai suoi piedi, ruggendo potentemente…. Poi, andando un po’ in disparte, essi cominciarono a scavare la terra con le zampe, gareggiando tra di loro per sollevare la sabbia, finchè ebbero scavata una tomba abbastanza spaziosa per un uomo”.

Anche se è chiaro il riferimento all’opera di San Girolamo, l’autore non può fare a meno di rilevare come iconograficamente lo stemma di cui alla figura 3 riprenda l’emblema della figura 2 in cui i Santi Antonio e Paolo sembrano sostituiti dai due leoni. Il leone è simbolo araldico per eccellenza di molte virtù e, come vedremo più avanti, di San Girolamo stesso.

ANTONIANI       (Ordine Antoniano Maronita)  illustrazione

Ordo Antonianorum Maronitarum: O.A.M. (1700)

L’Ordine Antoniano Maronita (il solo fra gli Ordini Antoniani di cui sono riuscito a procurarmi il sigillo) non ha un proprio stemma. Il priore generale usa un sigillo che presenta il tradizionale Tau, simbolo di S.Antonio Abate, di cui si è trattato diffusamente in altre parti dell’opera [14] contornato dalla scritta in aramaico e in francese “Superior general Antonin Maronite”.

Al centro, al di sotto del Tau, si legge in lingua araba, come mi riferisce Fr. Cesar    Ashkar del Superiorato generale di Beirut: “Servo, Superiore generale dell’O.A.M.”

ORDINE BASILIANO ITALIANO di Grottaferrata  illustrazione

Ordo Basilianus Italiane, seu Cryptoferratensis : O.S.B.I. (1579)

Trattasi di uno stemma composito che unisce in un’unica raffigurazione lo stemma del Monaci basiliani di Grottaferrata e dell’Abbazia stessa.

Nel campo superiore dello scudo abbiamo una colonna fiammeggiante contornata dalla dicitura in greco “TALE E’ IL GRANDE BASILIO”, che è il motto dei Basiliani italiani [15]. Questo simbolo è proprio della Congregazione dei Monaci di San Basilio (a. 1579) e fa riferimento al Santo, vera colonna per il suo zelo e per la sua dottrina.

Nel campo inferiore abbiamo la figura di una Vacca con vitello poppante, simbolo dell’ospitalità che offre il monastero; sotto vi è il monogramma N, cioè NEIΛOC = San Nilo, il fondatore del monastero nel 1004.

L’autore ritiene che possa esservi anche un riferimento alla colonna di fuoco che di giorno guidava il popolo ebreo nella marcia attraverso il deserto verso la salvezza, fuori dalla schiavitù d’Egitto. (Es 13,21 s.)

Il supporto vegetale è costituito da edera, pianta sempreverde e ben radicata il cui significato allegorico è facilmente intuibile.

Per quanto riguarda la Croce e il Pastorale bisogna ricordare che la Badia è fin dalla fondazione legata alla  tradizione liturgica bizantina. La croce ricorda lo status giuridico di “Monastero esarchico”, esentato cioè dalla giurisdizione del vescovo locale. Tale privilegio, nella tradizione bizantina, viene conferito mediante l’impianto simbolico di una croce.

Anche il pastorale e la mitra sono quelli bizantini, ed i due serpenti che si fronteggiano ai lati del globo crocifero in cima al bastone simboleggiano le virtù, in particolare la prudenza, di cui deve essere adornato il Gerarca (Vescovo o Archimandrita).[16]

ORDINE BASILIANO             DI S. GIOSAFAT  illustrazione

Ordo Basilianus S. Iosaphat: O.S.B.M. (1617)

Lo stemma dell’ordine Basiliano di San Giosafat rappresenta all’interno di un ovale una pira posta sul globo che arde di un fuoco fiammeggiante. Al di sopra, un sole radiante con la scritta IXC (Gesù Cristo).  Completano lo stemma una bordura di rami di quercia e d’olivo, che simboleggiano forza,  perseveranza e pace.

E’ difficile interpretare il significato qui dato al fuoco, (che non sembra comunque essere la colonna fiammeggiante di S.Basilio) se antico simbolo di vita e di luce eterna oppure emblema dello Spirito Santo che si irradia sul mondo intero.

ORDINE BASILIANO         DEL SS. SALVATORE          DEI MELKITI  illustrazione

Ordo Basilianus Ssmi Salvatoris Melkitarum: B.S. (1684)

Il sigillo dell’Ordine Basiliano del Santissimo Salvatore dei Melkiti riporta, attorno allo stemma propriamente inteso, il nome dell’Ordine, sopra in lingua araba e sotto in francese, con l’indicazione anche della sede del Superiore generale (SAIDA in LIBANO).

L’interno del sigillo con lo stemma è tripartito. Nel campo superiore, in campo d’argento, abbiamo il Cristo Salvatore, a cui è dedicato l’Ordine; il campo inferiore è bipartito con al centro una colonna fiammeggiante sormontata da una colomba (lo Spirito Santo), entrambi simbolo di San Basilio il Grande.

Sul lato destro di questa, in campo rosso, troviamo il pastorale e su quello sinistro, in campo azzurro, la mitra, naturalmente entrambi nella forma prevista dal rito bizantino, attributi che spettano al Padre generale in quanto Abate.

  MONACI GEROLAMINI     illustrazione

Ordo Sancti Hieronymi: O.S.H. (Sec. XIV)

L’attuale stemma dei Monaci Gerolamini rappresenta un leone andante verso destra,accollato ad una croce patriarcale. Il tutto è sormontato da una cappello cardinalizio a 30 fiocchi. Ai suoi piedi un cartiglio con la scritta ORD· S· HIERONYMI.

Il cappello cardinalizio è uno degli attributi di S.Girolamo assegnatoli dai pittori, senza alcuna attinenza alla realtà storica, come d’altronde il leone, probabilmente perché il Santo, in virtù della sua sapienza e dei suoi meriti ha meritato il titolo di dottore della Chiesa.

Il leone, che nell’iconografia pittorica è quasi sempre presente ai piedi del Santo, secondo una leggenda apocrifa fu guarito da Girolamo, che gli aveva tolto una spina dalla zampa e, per questo, serbò sempre fedeltà e riconoscenza.

I Monaci Gerolamini, assieme ad altri Ordini oggi estinti che portavano questo nome, si fregiarono del suo patronato, ma queste dipendenze erano puramente letterarie e non  fondate su alcuna continuità storica.

L’attuale stemma si presenta araldicamente piuttosto infelice e asimmetrico. In passato veniva usato uno stemma in cui era raffigurato un leone rampante, araldicamente corretto, situato all’interno di uno scudo, accollato da una croce patriarcale e sormontato dal cappello cardinalizio a 30 fiocchi (5,4,3,2,1).

Nei secoli scorsi non mancano comunque esempi documentati dell’uso di stemmi diversi, come nel caso qui sotto riprodotto, dove il leone è rappresentato in posizione accovacciata sotto la Croce patriarcale, il tutto è sormontato dal cappello prelatizio, però con un numero inferiore di fiocchi (12 fiocchi come gli Abati e non 30 come i Cardinali).


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[1] A.DIMIER in D.I.P. , col.. 786                                                                                                                                     DIP

[2] G.BASCAPE’, Insegne e simboli del clero regolare, Ordini, Congregazioni…. ,Roma 1983

[3]  interpretazione fornita all’autore dall’abate D. Desiderio Mastronicola OSB.

[4]  Spiegazione data dal Venerabile Mauro Puccioli di Perugia (+1650), monaco Olivetano.

[5] GIULIANO FLORIDI, Gli stemmi delleAbbazie di Subiaco e Montecassino, Subiaco 1981.

[6] Il presente articolo è stato tratto dal materiale gentilmente fornito all’autore da Dom A. Le Méhauté dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes.

[7] Quest’ultima interpretazione è l’unico suggerimento che è stato in grado di darmi il Rev. Patrick Regan OSB.

[8] L’argomento è trattato abbastanza diffusamente nel capitolo dedicato ai Francescani.

[9] MARC’ANTONIO GINANNI, L’arte del blasone…, Venezia 1756, pag. 196.

[10] UGO PAOLI, Inter Fratres vol. XXXVI (1986/II) Silvestro Guzzolini e la sua Congregazione, pag. 70-71.

[11] DIMIER-COCHERIL, Collectanea Ordinis Cisterciensium Reformatorum, Num. 3 - Les plus Beaux Blasons de l’Armorial Cistercien - 1952, Tomo XVIII 1956.

[12] Indicazioni tratte da materiale gentilmente fornito all’autore da P. Giovan Battista Maria BRIGLIO, Priore della Certosa di Farneta, da D. Luc FAUCHON, Archivista della Grande Chartreuse e da D.Augustin DEVEAUX della Certosa di Sélignac.

[13] G.VALLIER, Sigillografie de L’Ordre des Chartreux et Numismatique de Saint Bruno, Montreil-Sur-Mer 1891.

[14] Vedi le voci FRANCESCANI e CANONICI REGOLARI DI S.ANT’ANTONIO DI VIENNE.

[15] Vedi anche V.M.CORONELLI, Catalogo degli Ordini religiosi della Chiesa Militante…, Roma 1707, S.Basilio in Messina, Fig. 107

[16] Per la redazione del presente articolo si è usufruito ampiamente delle indicazioni gentilmente fornite all’autore da P. Marco Petta OSBI, bibliotecario dell’Abbazia di Grottaferrata.