ORDINI
MONASTICI
CONGR. BENEDETTINA CASSINESE
Congregatio Casinensis O.S.B. (1408)
D’azzurro
a tre colli d’oro in punta, sormontati da una croce patriarcale (a due
traverse) con la parola PAX d’oro.[1]
Oppure:
D’argento
(o d’azzurro) a 6 monti all’italiana di verde (3,2,1) sormontati dalla
Croce latina di nero, caricata sulla base dal motto PAX. Sovente lo scudo è
sormontato dalla mitra, dal pastorale e dal cappello nero a 12 fiocchi.[2]
Come si evidenzia la descrizione
dello stemma benedettino tradizionale, oggi privilegio della Congregazione
cassinese, è diversa a secondo degli autori e le combinazioni di elementi
araldici dentro e fuori lo scudo sono molteplici.
Dalla “Breve Dechiaratione dell’Arbore Monastico Benedettino” edita a
Venezia nel 1594 si ricava invece questa descrizione dell’Arme:
“…
una croce, col Pax, d’oro, sopra tre monti d’oro, in campo turchino”
Difficile quindi affermare quale
sia lo stemma più “autentico” dell’Ordine
benedettino (oggi della Congregazione cassinese, erede della riforma di
S.Giustina di Padova). Attualmente viene usato ufficialmente lo scudo con i
tre monti di colore verde in campo azzurro, la croce di
Lorena d’oro caricata dalla parola PAX
dello stesso.
Altro esemplare dello
stemma benedettino a colori oggi
usato dalla Congregazione cassinese e da molti monasteri delle diverse
Congregazioni benedettine.
I tre monti, comuni a molte altre congregazioni benedettine e
non solo, rappresenterebbero, secondo l’interpretazione più diffusa, il
Calvario ma, come vedremo, esistono in proposito anche altre interpretazioni.
Secondo una di queste il monte centrale configurerebbe la
posizione di Montecassino, situato tra due alture, su cui è posta la croce
patriarcale di S.Benedetto.[3]
Per altri[4],
i tre voti monastici di povertà, obbedienza e castità sarebbero molto
opportunamente rappresentati dalle tre montagne, faticose a scalarsi, per
raggiungere Gesù crocefisso, “in cui è riposta la nostra perfezione,
mediante la crocifissione e la morte del nostro io…”.
CONGR. BENEDETTINA
SVIZZERA
Congregatio Helvetica O.S.B. (1602)
La Congregazione benedettina
svizzera, come altre
congregazioni in cui l’autonomia delle singole abbazie è molto forte, non
ha un proprio stemma, ma usa comunque un sigillo particolare che rappresenta
la vergine “Immacolata” sotto il cui patrocinio è posta la Congregazione.
L’Immacolata è rappresentata con
il piede destro che schiaccia il serpente (Gn 3, 15). Nell’iconografia
conosciuta essa appare vittoriosa, rivestita di sole con ai piedi la luna,
come in questo caso.
CONGR. BENEDETTINA D'AUSTRIA illustrazione
Congregatio Austriaca ab Immacolata Conceptione (1625)
Anche la Congregazione Austriaca è
dedicata all’Immacolata concezione, ma qui l’iconografia rappresentata nel
sigillo non corrisponde ai canoni tradizionali di raffigurazione dell’Immacolata.
L’immagine di Maria è posta all’interno di una fascia in palo con ai lati
il motto benedettino PAX.
La Vergine Maria è raffigurata in
posizione orante e l’unico riferimento all’Immacolata
è rappresentato dalle dodici stelle attorno al capo (Ap 12); mancano infatti
gli attributi tradizionali del serpente e della luna.
CONGR. BENEDETTINA
DI BAVIERA
Congregatio Bavarica O.S.B. (1684)
Scudo bipartito: la parte destra
porta le armi di Baviera a losanghe azzurre e d’argento alternate “losangato
d’azzurro e d’argento”, quella sinistra porta le armi di papa
Innocenzo XI, cioè della famiglia Odescalchi, così descritte:
“D’argento, a tre barre di rosso accompagnate da un leone passante in
capo e sei (3, 2, 1) coppe di
rosso, con il capo dell’impero”
La Congregazione era stata fondata
da Innocenzo XI il 26 agosto 1684, e sarà poi ricostituita da Pio XI il 5
febbraio 1858.
CONGR. BENEDETTINA DEL BRASILE
Congregatio Brasiliensis O.S.B. (1827)
Lo stemma della Congregazione
brasiliana, qui ripreso dal sigillo ufficiale,
trae origine probabilmente da quello dell’antica Congregazione
Portoghese estinta nel 1834 (vedi voce
relativa.), da cui si staccò nel 1827, che a sua volta riprende i motivi di
quello dell’Abbazia di Montecassino.
In realtà lo stemma di
Montecassino, assieme a quello di Subiaco (che è simile) presenta il leone e
la torre in posizione invertita rispetto allo stemma adottato prima
dall’estinta Congregazione Portoghese, poi da quella Brasiliana.
L’Abate Presidente della
Congregazione Brasiliana, D.Basilio Penido,
sostiene che il leone con il pastorale rappresenterebbe San Benedetto,
mentre la torre da cui sgorga il
fiume, l’Abbazia di Montecassino, la cui
spiritualità si diffonde sul mondo intero.
In realtà, ricerche storiche
recenti hanno dimostrato che lo stemma cassinese non è altro che quello
personale del fondatore San Benedetto, derivante dall’unione del simbolo del
“Leone” proprio della
famiglia Riguardati di Norcia (arma paterna) e della “Torre” della “gens
Anicia” (arma materna). L’unione dei due stemmi non dovrebbe essere altro
che la codificazione attestante l’origine genealogica materna e paterna del
santo fondatore.[5]
L’inserimento del pastorale
sorretto da tre zampe di leone, presente in alcuni antichi stemmi sublacensi
sembra rappresenti il potere proprio dell’abate, in quanto scompare con
l’introduzione della commenda nel XV secolo. Proprio la presenza del
pastorale in tali stemmi potrebbe essere l’elemento che ha fatto
ritenere nel tempo che il leone rappresenti San Benedetto da Norcia e, penso
per analogia, nella torre è stata identificata l’abbazia di Montecassino,
da cui si è irradiata l’opera del Santo nel mondo intero.
Elemento nuovo aggiunto nello
stemma in analisi è invece il “disco solare” che sembra splendere sopra
la torre e fa da complemento al fiume che sgorga dalla base della stessa. Sono
assenti invece i due cipressi che affiancano la torre nell’attuale stemma di
Montecassino e di Subiaco.
CONGR. BENEDETTINA
DI SOLESMES
Congregatio
Solesmensis O.S.B. (1837)
D’azzurro al pastorale d’argento posto in palo e
accompagnato da due stelle dello stesso.
Una disposizione del Breve di
fondazione della Congregazione di Francia ora detta di Solesmes, dal nome
dell’Abbazia madre, datata 1 settembre 1837, dava alla nuova Congregazione
benedettina affiliata a quella Cassinese un blasone partito di Montecassino e
di Solesmes che si leggeva:
“d’azzurro
alla montagna d’oro sormontata da una croce patriarcale di nero, il motto
PAX d’oro posto in fascia ai suoi piedi (che è di Montecassino), e di nero
al pastorale d’argento contornato ed accompagnato da 2 stelle del medesimo
(che è di Solesmes).”
Questo stemma andrà in disuso a
partire dal 1921, anno dell’adozione ufficiale
dell’attuale stemma dell’Abbazia di S.Pierre di Solesmes, che è
“inquartato, al I e 4 d’oro
all’aquila d’azzurro, al 2 e 3 partito d’azzurro seminato di fiordalisi
d’oro, e di rosso a 3 leopardi d’oro posati l’uno sull’altro, sul
tutto d’argento ad una spina al naturale”.
Nel 1960, Dom Georges Saget, inviò
una mozione al Presidente del Capitolo generale in favore della determinazione
ufficiale delle armi della Congregazione di Francia. Al posto di quelle cadute
in disuso e di quelle dell’Abbazia di S.Pierre, egli propose di ratificare
l’uso di servirsi di quelle dell’antico scudo di Solesmes “Di nero al pastorale d’argento posato in palo e accompagnato da due
stelle dello stesso”.
Di fatto fu adottato lo stemma
attribuito al Priorato di Solesmes nel 1696 dall’Hozier nel suo famoso “Armorial
général de France”.
Il 22° Capitolo Generale adottò
ufficialmente questo blasone, sostituendo il campo nero con un campo azzurro
in ricordo di Dom Guéranger, restauratore del-l’Ordine Benedettino in
Francia dopo le soppressioni rivoluzionarie, il quale portava “d’azzurro… alla rosa di rosso fogliata di sinopia, accompagnata
da 12 stelle d’oro”.
Le due stelle rappresenterebbero
gli apostoli S.Pietro e S.Paolo, ai quali in origine fu dedicato dai vescovi
Avesgaud di Mans e Hubert d’Angers il monastero di Solesmes.[6]
CONGR. BENEDETTINA
AMERICANA CASSINESE
Congregatio Americana Casinensis O.S.B. (1855)
La Congregazione benedettina
americana cassinese dichiara di non essere dotata di un proprio stemma
specifico, ma si è riscontrato che fa uso dell’emblema sopra raffigurato
che rappresenta l’aquila americana, ma con le ali abbassate, accollata dal
tradizionale scudo cassinese con la croce patriarcale sopra i tre monti
all’italiana e il motto PAX.
L’Aquila, Re degli uccelli,
compagno di Giove custode della folgore, in araldica è il simbolo della Maestà
e della Vittoria, della forza e del potere sovrano, ed è anche il simbolo
degli Stati Uniti d’America, adottato ufficialmente nel 1782.
Nello stemma qui raffigurato,
l’Aquila stringe un ramoscello d’olivo nell’artiglio destro e tre frecce
con la punta rivolta verso il basso in quello sinistro. Nello stemma
statunitense invece le frecce sono 13 e rivolte verso l’alto. L’olivo e le
frecce rappresentano il potere di guerra e di pace.
CONGR. BENEDETTINA SUBLACENSE
Congregatio Sublacensis O.S.B. (1872)
La Congregazione Benedettina
Sublacense usa un emblema privo di smalti e colori, che raffigura la croce patriarcale sui tre monti
all’italiana con il motto PAX dei Cassinesi (da cui trae origine) posta su
tre linee increspate come onde che probabilmente vogliono simboleggiare il
mare (essendo la Congregazione diffusa in tutti i continenti).
Non si è a conoscenza di quando
l’emblema sia stato adottato ed usato dalla Curia generalizia della
Congregazione.
CONGR. BENEDETTINA
ELVETO-AMERICANA
Congregatio Helveto-Americana O.S.B. (1881)
Il Sigillo ufficiale a secco della
Congregazione, contiene al suo
interno uno scudo araldico quadripartito di interpretazione piuttosto
difficile.
Nel I° porta il motto PAX e i tre
chiodi della passione all’interno di una corona di spine, molto simile
all’emblema dei Maurini, il 2° un fiore a cinque lobi che assomiglia molto
alla rosa di Dom Guéranger , il 3° una croce latina che ricorda il simbolo
della Svizzera e il 4° un fiordaliso.
Se l’inserimento della croce
svizzera è facilmente comprensibile, vista l’origine della Congregazione
che rimane nella denominazione stessa, per i restanti tre simboli la
motivazione potrebbe essere la seguente.
Il motto PAX nella forma descritta
potrebbe riferirsi semplicemente all’Ordine Benedettino, senza agganci
particolari alla Congregazione maurina, con la quale non si vedono motivi di
collegamento.
La rosa a cinque petali potrebbe
indicare una deformazione, dettata dall’uso di questo simbolo fatto in
America dai numerosi monasteri benedettini di origine solesmiana, del fiore a
4 petali che l’angelo al centro dello stemma dell’Abbazia madre di
Engelberg in Svizzera, tiene nella mano sinistra.
Il fiordaliso potrebbe
rappresentare l’America, posta sotto il patronato dell’Immacolata
Concezione.[7]
CONGR. BENEDETTINA
DI SANT'OTTILIA
Congregatio Ottiliensis O.S.B. (1884)
Scudo bibartito, nella parte superiore di rosso crociato d’argento e in
quella inferiore di nero ad un candelabro a cinque braccia d’oro cimato da
cinque candele accese.
Motto: LUMEN CAECIS
Lo stemma, creato dal primo abate
P. Norbert Weber, vuole significare l’amore (di rosso) che porta la luce di
Cristo (la croce argentata) nella notte (di nero) ai cinque continenti (il
candelabro a cinque braccia). Infatti la Congregazione, pur essendo monastico
benedettina è ad indirizzo missionario.
Il motto LUMEN
CAECIS (Illumina il buio) riassume la simbologia dello stemma ed è
anche un riferimento alla patrona dell’ordine Sant’Ottilia d’Alsazia;
nata cieca e miracolata durante il battesimo da San Erhard di Regensburg,
divenne, dopo varie traversie
familiari, monaca benedettina ed abbadessa.
CONGR. BENEDETTINA
DELL'ANNUNZIATA
Congregatio ab Annunciatione B.M.V. (1920)
Il sigillo della Congregazione non
rispecchia alcuna norma araldica e raffigura l’Annunciazione dell’Angelo
alla Vergine Maria.. Al centro,
sopra le due figure è posto lo Spirito Santo in forma di colomba e, ai piedi,
la data di fondazione della Congregazione, a.d. 1920.
Questa è stata posta sotto il
patronato dell’Annunciazione della B.M.V. su suggerimento dell’Abate
Marmion OSB quando la Congregazione “Belga” si separò dalla Congregazione
“Germanica” di Beuron.
CONGR. BENEDETTINA
OLIVETANA illustrazione
Congregatio S.Mariae Montis Oliveti, O.S.B. (1313)
D’azzurro
al monte di tre cime d’argento, sormontato da una croce di rosso o di nero,
affiancata da 2 rami di ulivo verde uscenti dalle cime laterali.
Trattasi del primo esempio che
incontriamo di uno stemma dell’abbazia madre (Monte Oliveto Maggiore) che
diventa emblema proprio della Congregazione ed anche delle singole abbazie
appartenenti alla stessa. Come vedremo, in altri casi simili (Congregazione
Camaldolese, Vallombrosana), alcune importanti abbazie storiche conserveranno
invece un proprio stemma autonomo diverso da quello della Casa madre e della
Congregazione.
E’ chiaramente un esempio di
stemma “parlante” che unisce i tradizionali elementi benedettini dei tre
monti sormontati dalla croce ai rami di olivo (Monte Oliveto).
Si riporta l’interpretazione che
ne diede il ven. Mauro Puccioli di Perugia (+1650).
‹‹Osserviamo il nostro stemma;
io noto in primo luogo le montagne, sono luoghi solitari adatti alla
preghiera. E’ sul Monte degli Ulivi che Gesù pregava il Padre…. Così noi
saremo veri discepoli di Gesù se ci applicheremo alla preghiera. La croce
rossa ci propone come oggetto di contemplazione la passione di nostro Signore,
che in realtà è il soggetto di orazione più ovvio, più facile e più
utile… Ma vi sono inoltre i due ramoscelli di ulivo che ornano i due monti
laterali… i due ramoscelli ci richiamano a dover fruttificare nella chiesa
come olivo per la salvezza del prossimo: “Io sono nella casa di Dio come
olivo carico di frutti”… I suoi rami pendenti ed inclinati, tanto più
quanto maggiormente carichi di raccolto, c’insegnano ad essere molto umili e
obbedienti. Non tollerando ai suoi piedi altre piante, quest’albero
simbolizza la povertà. La castità è invece rappresentata dal suo legno che
resiste alla corruzione. I tre voti sono molto opportunamente rappresentati
dalle tre montagne faticose a scalarsi, poiché bisogna operare sforzi per
raggiungere Gesù Crocifisso, in cui è riposta la nostra perfezione, mediante
la crocifissione e la morte del nostro io…››
Come si può dedurre,
l’interpretazione dei simboli è molto ricca e spesso soggettiva,
legata alla spiritualità propria di ciascun Ordine e al contesto dei singoli
periodo storici di riferimento.
CONGR. BENEDETTINA
VALLOMBROSANA
Congregatio Vallis Umbrosae Ordinis S.Benedicti
(1039)
D’azzurro
ad un bastone o gruccia a forma di Tau posto
in palo cimato da due teste di leone d’oro, sostenuto da un braccio al
naturale rivestito da una cocolla nera (anticamente tanè), lo scudo timbrato
da una mitra e sormontato da un cappello nero a 12 fiocchi.
Al di sotto cartiglio con il motto: DISCIPLINA
PACIS.
Tale motto comincia ad essere usato
saltuariamente ai primi del secolo scorso.
Il colore della manica è variato
con il variare del colore dell’abito nei secoli: da tanè, simile al marrone bruciato, al grigio scuro e poi al nero.
Il braccio che stringe la gruccia a
forma di Tau è probabilmente quella di S. Giovanni Gualberto, fondatore
dell’Ordine Vallombrosano. Il bastone era senz’altro l’attributo degli
eremiti (i primi monaci della congregazione erano eremiti) ma non si conosce
il significato delle due teste di leone. Non si sa se l’impugnatura a forma
di Tau sia da porsi in riferimento ai complessi significati che aveva
anticamente questo simbolo.[8]
Le principali abbazie espongono
generalmente stemmi propri, a volte bipartiti con quello della Congregazione
(in pratica quello dell’Abbazia-madre di Vallombrosa.
CONGREGAZIONE CAMALDOLESE
O.S.B.
Congregatio Camaldulensis O.S.B. (980)
D’azzurro,
al calice d’oro, sormontato da una stella o da una cometa d’oro; al calice
si abbeverano due colombe d’argento affrontate.
Motto: EGO VOBIS, VOS
MIHI
Lo stemma camaldolese è
sostanzialmente formato da due colombe rampanti ai lati di un calice d’oro,
o sull’orlo di esso in atto di abbeverarsi. In origine era il sigillo del
priore di Camaldoli, ma non aveva uno schema definitivo, per cui si notano
particolarità anche di rilievo. Le colombe stesse sembra che fossero stati
pavoni, simbolo dell’immortalità e poi della resurrezione della carne. Le
due colombe col calice diventano poi lo stemma della Congregazione per l’uso
che ne faceva il priore di Camaldoli, il quale era anche superiore generale.
Col secolo XVII appare sopra il
calice la cometa. Poi il cappello prelatizio, le insegne pontificali, mitra,
pastorale e il motto.
Diverse
sono in questo caso le interpretazioni: un’antica tradizione ha voluto
vedere nello stemma il simbolo dell’ascesi camaldolese: la vita attiva
(monaci) e la vita contemplativa (eremiti) sotto le sembianze delle due
colombe che bevono nello stesso calice, Cristo. E’ questa una
interpretazione certamente fantasiosa e probabilmente le due colombe e il
calice derivano da un simbolo eucaristico, noto nell’alto medioevo, che è
identico a quello camaldolese. Anche un mosaico del V secolo a Ravenna porta
due colombe in atto di bere ad una fonte, probabilmente una visione allegorica
dei fedeli rigenerati dalle acque battesimali.
Sul sarcofago di S.Ambrogio a Milano, due colombe in atto di bere ad un
calice sono un’allusione al Sacramento dell’Eucarestia.
Un’altra interpretazione non
molto accreditata sostiene che lo stemma camaldolese trarrebbe origine da
quello della famiglia Sassi di Ravenna da cui sembra provenisse San Romualdo,
dopo aver sostituito il colle di mezzo con il calice e i due leoni rampanti
con le due colombe.[9]
Lo stemma descritto, venne adottato
da tutte le Congregazioni camaldolesi ad eccezione di quelle di Fonte Avellana
e di Monte Corona e innalzato da quasi tutti i monasteri; a volte in quelli
storici ed aggregati in seguito all’Ordine (come nel caso di S.Maria degli
Angeli a Firenze e Sant’Apollinare in Classe a Ravenna) affiancato da quello
proprio dell’Abbazia.
CONGR. BENEDETTINA
SILVESTRINA
Congregatio Silvestrina O.S.B. (1231)
Le più antiche raffigurazioni
dello stemma della Congregazione si trovano in due codici della metà del
secolo XV, conservati nella Staatsbibliothek
der Stiftung Preussischer Kulturbesitz di Berlino e nella British Library di Londra.
Tale stemma è costituito da uno
scudo gotico sormontato da una mitra. Nel campo dello scudo di colore azzurro
o d’argento si erge un monte di tre cime di rosso: dietro quella centrale,
più elevata, appare un pastorale d’oro e dai lati della medesima spuntano
due steli di rosa.
Probabilmente esso venne adottato
in seguito alla bolla Exposcit tuae
devotionis del 30 aprile 1449 con cui il papa Nicolò V concesse al priore
generale Stefano di Antonio da Castelletta e ai successori nel governo
dell’Ordine l’uso delle insegne pontificali.[10]
Se è chiaro il riferimento
all’eremo di Montefano presso Fabriano, casa madre della Congregazione, la
stessa cosa non si può dire per quanto riguarda il monte centrale sul quale
è posto il pastorale. Difficile infatti spiegare la presenza delle due rose
rosse. Potrebbe essere stato preso a modello lo stemma di Monte Oliveto,
sostituendo i ramoscelli di olivo con le rose,
noto simbolo mariano.
CONGR. BENEDETTINA
DEL CONO SUR
Congregatio Coni Australis de Sancta Cruce O.S.B.
(1970)
La Congregazione benedettina
sudamericana del Cono Sur intitolata alla Santa Croce, di recente
costituzione, non è dotata di un
vero stemma ma usa un sigillo molto semplice con una croce latina. Ai quattro
angoli di intersezione della croce è posta la scritta dedicatoria “DE
LA SANTA CRUZ”.
CONGR. DEGLI EREMITI CAMALDOLESI
DI MONTE CORONA
Congregatio Eremitarum
Camaldulensium Montis Coronae: E.C.M.C. (1523)
D’azzurro
(o d’argento) al monte di tre cime di verde sostenente una croce di rosso
entro una corona radiante d’oro e accostato dalle lettere M C.
Trattasi di un chiaro esempio di
“arma parlante” (Monte Corona).
Lo stemma della croce sui tre monti fu adottato nel 1525 per sottolineare la
diversità dai Camaldolesi. Più tardi fu aggiunta una corona per ricordare il
nome del monte sul quale era stato edificato l’eremo principale della
Congregazione.
Tutti gli eremi, ad esclusione di
quello di Monte Rua, che è dotato di un proprio stemma, hanno sempre usato
quello della Congregazione.
MECHITARISTI
Ordo Mechitaristarum Venetiarum, Monachorum Armenorum
sub Regula S.Benedicti. (1701)
Ordo Mechitaristarum Vindobonensis: C.M.V. (1773)
Lo stemma della Congregazione
Mechitarista, di origine armena, presenta diversi elementi simbolici la cui
spiegazione mi è possibile grazie alle indicazioni gentilmente inviatami da
P. Giuseppe Behsnilian del
Monastero di S.Lazzaro degli Armeni di Venezia.
L’angelo che sovrasta lo stemma vuole significare che la vita
monastica è un dono di Dio, una società non naturale ma di carattere
soprannaturale.
La campana vuole simboleggiare l’obbedienza.
La fiamma, l’ardore che deve animare coloro che sono chiamati ad una
vita di servizio nella casa di Dio.
Il bastone rappresenta il pastorale che i monaci sacerdoti armeni
portano in segno di potestà ricevuta per la predicazione.
Il libro rappresenta la dedizione alla scienza, prima quella sacra e
poi quella profana, per poter meglio evangelizzare il popolo armeno attraverso
la sua propria cultura.
Vi sono poi quattro lettere nello
stemma:
Quella superiore è una U
e vorrebbe significare “figli”.
Quella a sinistra è una G
e vorrebbe significare “della Vergine”.
Quella in basso è una V
e sta per “dottore” cioè insegnante predicatore.
Quella a destra è una A
vale a dire “di penitenza”.
Quindi “Figli della Santa
Vergine, predicatori di penitenza”.
Per tale ragione lo stemma è
costellato di croci che stanno a significare l’impossibilità della vera
sequela di Gesù, se non attraverso la croce e la penitenza.
Dopo la divisione dell’Ordine
Mechitarista in due Congregazioni nel 1773, quella Veneziana e quella
Viennese, nell’uso si sono affermati due stemmi leggermente diversi, anche
se sostanzialmente contenenti la gran parte degli elementi presenti in quello
originario, oggi usati dalle due Curie generalizie e riprodotti qui di
seguito.
Il primo, della Congregazione di
Venezia, presenta uno scudo azzurro con una croce mechitarista d’oro al
centro dei quattro simboli tradizionali, lo scudo timbrato da una corona
d’oro e accollato da due pastorali, uno di forma latina e uno orientale.
Il secondo, della Congregazione di
Vienna, presenta la croce mechitarista con i quattro simboli, ma priva dello
scudo araldico e sostenuta da due rami d’olivo.
ORDINE CISTERCENSE
Ordo Cistercensis: O.Cist. (1098)
Ordo Cistercensium Strictoris Observantiae: O.C.S.O.
(1664)
D’azzurro seminato di gigli d’oro, caricato in
cuore da uno scudetto bandato d’oro e d’azzurro di 6 pezzi, alla bordura
di rosso.
Si tratta semplicemente
delle antiche armi del Ducato di Borgogna posate in cuore su quelle antiche
del Regno di Francia. Infatti l’Ordine ha semplicemente adottato lo stemma
dell’abbazia madre di Citeaux, situata in Borgogna.
Nello stemma ufficiale
usato dalla Curia Generalizia il campo seminato di gigli non è ben riuscito
graficamente e questi sembrano formare una bordura attorno allo scudo
centrale. Nello stemma a fianco, qui rappresentato a colori, si dà invece una
corretta rappresentazione dello scudo cistercense.[11]
Lo scudo è timbrato dalla mitra e da due pastorali posti in
decusse. Sotto, in un cartiglio, il motto: CISTERCIUM MATER
NOSTRA.
G.Bascapè afferma
essere lo stemma dei Cistercensi italiani: di
nero alla banda scaccata d’argento e di rosso, ma questa è l’arma
propria dei Signori di Fontaines. Quindi è quella personale di San Bernardo
di Chiaravalle, ritenuto il fondatore dell’Ordine, che eserciterà una
notevole influenza nell’araldica cistercense soprattutto in Italia, in
Svizzera, in Spagna e in Portogallo.
A
causa della sua notevole diffusione, anche diversi autori di importanti lavori
specialistici, fra i quali Galbreath e Heim hanno spesso confuso lo stemma
della famiglia feudale dei Fontaines, ai quali apparteneva San Bernardo, con
lo stemma dell’Abbazia di Clairvaux (Chiaravalle) o addirittura con quella
di Citeaux.
Sia l’ordine
Cistercense, sia quello riformato della Stretta Osservanza (detti anche Monaci
trappisti, dalla famosa riforma dell’Abbazia della Trappa) hanno adottato lo
stemma di Citeaux.
Le 12 Congregazioni
aderenti all’Ordine Cistercense oggi esistenti non hanno stemmi
propri ed usano quello dell’Ordine; farebbe eccezione la Congregazione della
Corona d’Aragona che ne era dotata anticamente (è stata
ricostituita solo nel 1987). Dell’antico stemma di questa parleremo
unitamente a quelli di altre Congregazioni cistercensi della penisola iberica
estinte.
CERTOSINI
Ordo Cartusiensis (1084)
D’argento
al globo d’azzurro,(talvolta i colori sono invertiti) fasciato d’oro e
sormontato da una crocetta d’oro. Il globo è recinto da una cerchia di 7
stelle d’oro e dal Motto: STAT
CRUX DUM VOLVITUR MUNDUS.
Trattasi dell’attuale
stemma della “Grande Chartreuse”, Casa Madre dell’Ordine Certosino. Ai
primordi dell’Ordine si usò solo la croce patente quale emblema sui sigilli
della Grande Certosa. Il globo terrestre sormontato dalla croce, ha fatto la
sua comparsa solo nel XIII secolo. Le stelle al di sopra del globo
cominciarono a figurare sui sigilli o sulle stampe solo nel corso del XVII
secolo. Quanto al motto, si rinviene la prima volta verso il 1600 ed è
rimasto poco usato prima del XIX secolo. In precedenza si trovava la scritta Mundus
mihi cruxifixus est.
Il Capitolo generale
dell’Ordine non ha mai adottato uno stemma ufficiale accontentandosi
semplicemente di usare quello della Casa Madre.
In realtà, in passato,
vennero utilizzati anche altri stemmi non ufficiali come il monogramma CAR
(Cartusia) intrecciato ad una croce latina, molto usato in Italia nei sigilli
e negli stemmi delle singole Certose) e
anche un elaborato ed “affollato” scudo, con una croce latina centrale
contornata da tutti gli attributi noti della passione, quali: la corona di
spine, i 3 chiodi, la targa con la scritta INRI, la spugna , la lancia di
Longino, il gallo che canta su
una colonna, le tenaglie, il martello posto in decusse con lo staffile e i
dadi in numero di 3.
Il significato dello
stemma certosino si presta a
diverse interpretazioni qui
rappresente: [12]
Le stelle
ricordano i primi sette Certosini e il sogno premonitore delle sette stelle
avuto da Sant’Ugo, vescovo di Grenoble.
La croce
che sta salda sul mondo simboleggia la fermezza, la stabilità
dell’Ordine che nel continuo agitarsi di uomini, di idee, di cose, per nove
secoli non è stato oggetto di alcuna riforma.
Secondo altri, lo
stemma vorrebbe significare che la croce ritta al di sopra del turbine delle
cose umane che passano, dei piaceri umani che sono effimeri, delle vanità
umane che periscono, la croce eretta, alta, immobile è portata, sostenuta,
elevata non dal mondo instabile, bensì da anime stabili nei loro propositi,
consacrate alla preghiera, votate al sacrificio come, per vocazione sono i
Certosini, amanti della croce, chiamati ad esaltarla al di sopra del mondo
mediante la loro vita di penitenza.
Ogni singola Certosa
aveva ed ha poi il suo sigillo, a volte un vero e proprio stemma, su cui
generalmente figurano le armi del fondatore o quelle del Santo titolare o
patrono della Casa.[13]
MONACI DI S.PAOLO
PRIMO EREMITA
Ordo Fratrum S.Pauli Primi Eremitae:
O.S.P.P.E. (1215)
Lo stemma dell’Ordine
dei Paolini nel corso dei secoli è stato sottoposto ad un’evoluzione
considerevole. Secondo le osservazioni dello storico P. Janusz Zbudnieweg
O.S.P.P.E. di Jasna Góra, da questo gentilmente trasmesse all’autore, sino
alla fine del XVI secolo i Generali sigillavano i documenti con le figure del
patriarca San Paolo Primo Eremita e con quella del legislatore
Sant’Agostino. Tra le due figure si trovava una palma simbolica e sopra di
essa la madre di Dio con il Bambino. Questo stemma si incontra nei documenti
dell’anno 1634 (Archivio Vaticano, Visite e Collegi 1634 T. 12 K. 141 V.).
Su un documento del
1534 appaiono anche San Paolo e Sant’Agostino con un libro in mano, sopra di
essi la Madre di Dio e, per la prima volta, un corvo nero con un pane nel
becco; in mezzo viene collocata una palma. (Archivio di Jasna
Góra, coll. 2271, pag. 1)
Nel Rubrica
Generalis fratrum S.Pauli I Eremitae, Cracovia 1536, si incontrano San
Paolo ed S.Antonio Abate con sullo sfondo le palme e un corvo con un pane.
Nel secolo XVIII, in un
ovale araldico diviso in quarti, si vedono una palma (al I° e al 4°) e un
leone rampante verso il centro (al 2° e al 3°) con al centro, in uno scudo,
un corvo con un pane. Questo stemma ebbe origine probabilmente in Ungheria ed
è quello attualmente usato.
Il motto è: SOLUS
CUM DEO SOLO.
A partire dal XIX
secolo, veniva invece usato uno stemma con una palma al centro fra due leoni
affrontati appoggiati alla stessa con le zampe anteriori e, sopra di essa, un
corvo con un pane nel becco (vedi fig. 4).
Nato a Tebe, probabilmente
nell’anno 230, Paolo fuggì nel deserto durante la persecuzione di Decio
ove, secondo la tradizione trasmessaci da San Girolamo, dimorò per 90 anni
cibandosi del pane che gli veniva portato da un corvo.
I riferimenti all’opera di San
Girolamo sulla vita di San Paolo primo Eremita sono quindi evidenti nel corvo
con il pane nel becco e, come vedremo, nei due leoni.
“Quando
S.Paolo e S.Antonio che erano amici apparivano insieme erano sempre
accompagnati da un corvo che portava un pezzo di pane ogni giorno nella loro
grotta”
E sempre leggendo San Girolamo, i
leoni aiutarono Sant’Antonio a seppellire l’amico:
“Proprio
quando Sant’Antonio stava ponderando come dovesse seppellire il suo amico, i
due leoni giunsero di corsa, con le criniere svolazzanti, dal deserto interno,
e si diressero verso di lui. …. Vennero diretti al corpo di San Paolo e si
fermarono presso di lui dimenando le code, poi si accucciarono ai suoi piedi,
ruggendo potentemente…. Poi, andando un po’ in disparte,
essi cominciarono a scavare la terra con
le zampe, gareggiando tra di loro per sollevare la sabbia, finchè ebbero
scavata una tomba abbastanza spaziosa per un uomo”.
Anche se è chiaro il riferimento
all’opera di San Girolamo, l’autore non può fare a meno di rilevare come
iconograficamente lo stemma di cui alla figura 3 riprenda l’emblema della
figura 2 in cui i Santi Antonio e Paolo sembrano sostituiti dai due leoni. Il
leone è simbolo araldico per eccellenza di molte virtù e, come vedremo più
avanti, di San Girolamo stesso.
ANTONIANI
(Ordine Antoniano Maronita)
Ordo Antonianorum Maronitarum: O.A.M. (1700)
L’Ordine Antoniano Maronita (il
solo fra gli Ordini Antoniani di cui sono riuscito a procurarmi il sigillo)
non ha un proprio stemma. Il priore generale usa un sigillo che presenta il
tradizionale Tau, simbolo di
S.Antonio Abate, di cui si è trattato diffusamente in altre parti
dell’opera [14]
contornato dalla scritta in aramaico e in francese “Superior general Antonin Maronite”.
Al centro, al di sotto del Tau, si
legge in lingua araba, come mi riferisce Fr. Cesar Ashkar del Superiorato generale di Beirut: “Servo,
Superiore generale dell’O.A.M.”
ORDINE BASILIANO ITALIANO di Grottaferrata
Ordo Basilianus Italiane, seu Cryptoferratensis :
O.S.B.I. (1579)
Trattasi di uno stemma composito
che unisce in un’unica raffigurazione lo stemma del Monaci basiliani di
Grottaferrata e dell’Abbazia stessa.
Nel campo superiore dello scudo
abbiamo una colonna fiammeggiante
contornata dalla dicitura in greco “TALE E’ IL GRANDE BASILIO”,
che è il motto dei Basiliani italiani [15].
Questo simbolo è proprio della Congregazione dei Monaci di San Basilio (a.
1579) e fa riferimento al Santo, vera colonna per il suo zelo e per la sua
dottrina.
Nel campo inferiore abbiamo la
figura di una Vacca con vitello poppante,
simbolo dell’ospitalità che offre il monastero; sotto vi è il monogramma N,
cioè NEIΛOC
= San Nilo, il fondatore del monastero nel 1004.
L’autore ritiene che possa
esservi anche un riferimento alla colonna di fuoco che di giorno guidava il
popolo ebreo nella marcia attraverso il deserto verso la salvezza, fuori dalla
schiavitù d’Egitto. (Es 13,21 s.)
Il supporto vegetale è costituito da edera, pianta sempreverde e ben
radicata il cui significato allegorico è facilmente intuibile.
Per quanto riguarda la Croce e il
Pastorale bisogna ricordare che la Badia è fin dalla fondazione legata alla
tradizione liturgica bizantina. La croce
ricorda lo status giuridico di “Monastero esarchico”, esentato cioè dalla
giurisdizione del vescovo locale. Tale privilegio, nella tradizione bizantina,
viene conferito mediante l’impianto simbolico di una croce.
Anche il pastorale e la mitra sono
quelli bizantini, ed i due serpenti che si fronteggiano ai lati del globo
crocifero in cima al bastone simboleggiano le virtù, in particolare la
prudenza, di cui deve essere adornato il Gerarca (Vescovo o Archimandrita).[16]
ORDINE BASILIANO DI
S. GIOSAFAT
Ordo Basilianus S. Iosaphat: O.S.B.M. (1617)
Lo stemma dell’ordine Basiliano
di San Giosafat rappresenta all’interno di un ovale una pira posta sul globo
che arde di un fuoco fiammeggiante. Al di sopra, un sole radiante con la
scritta IXC (Gesù Cristo).
Completano lo stemma una bordura di rami di quercia e d’olivo, che
simboleggiano forza, perseveranza
e pace.
E’ difficile interpretare il
significato qui dato al fuoco, (che
non sembra comunque essere la colonna fiammeggiante di S.Basilio) se antico
simbolo di vita e di luce eterna oppure emblema dello Spirito Santo che si
irradia sul mondo intero.
ORDINE BASILIANO DEL SS. SALVATORE
DEI MELKITI
Ordo Basilianus Ssmi Salvatoris Melkitarum: B.S.
(1684)
Il sigillo dell’Ordine Basiliano
del Santissimo Salvatore dei Melkiti riporta, attorno allo stemma propriamente
inteso, il nome dell’Ordine, sopra in lingua araba e sotto in francese, con
l’indicazione anche della sede del Superiore generale (SAIDA
in LIBANO).
L’interno del sigillo con lo
stemma è tripartito. Nel campo superiore, in campo d’argento, abbiamo il Cristo
Salvatore, a cui è dedicato l’Ordine; il campo inferiore è bipartito
con al centro una colonna fiammeggiante sormontata da una colomba (lo Spirito Santo), entrambi simbolo di San Basilio il
Grande.
Sul lato destro di questa, in campo
rosso, troviamo il pastorale e su
quello sinistro, in campo azzurro, la mitra,
naturalmente entrambi nella forma prevista dal rito bizantino, attributi che
spettano al Padre generale in quanto Abate.
MONACI
GEROLAMINI
Ordo Sancti Hieronymi: O.S.H. (Sec. XIV)
L’attuale stemma dei Monaci
Gerolamini rappresenta un leone andante verso destra,accollato ad una croce
patriarcale. Il tutto è sormontato da una cappello cardinalizio a 30 fiocchi.
Ai suoi piedi un cartiglio con la scritta ORD· S· HIERONYMI.
Il cappello cardinalizio è uno
degli attributi di S.Girolamo assegnatoli dai pittori, senza alcuna attinenza
alla realtà storica, come d’altronde il leone, probabilmente perché il
Santo, in virtù della sua sapienza e dei suoi meriti ha meritato il titolo di
dottore della Chiesa.
Il leone, che nell’iconografia
pittorica è quasi sempre presente ai piedi del Santo, secondo una leggenda
apocrifa fu guarito da Girolamo, che gli aveva tolto una spina dalla zampa e,
per questo, serbò sempre fedeltà e riconoscenza.
I Monaci Gerolamini, assieme ad
altri Ordini oggi estinti che portavano questo nome, si fregiarono del suo
patronato, ma queste dipendenze erano puramente letterarie e non
fondate su alcuna continuità storica.
L’attuale stemma si presenta
araldicamente piuttosto infelice e asimmetrico. In passato veniva usato uno
stemma in cui era raffigurato un leone rampante, araldicamente corretto,
situato all’interno di uno scudo, accollato da una croce patriarcale e
sormontato dal cappello cardinalizio a 30 fiocchi (5,4,3,2,1).
Nei secoli scorsi non mancano
comunque esempi documentati dell’uso di stemmi diversi, come nel caso qui
sotto riprodotto, dove il leone è rappresentato in posizione accovacciata
sotto la Croce patriarcale, il tutto è sormontato dal cappello prelatizio,
però con un numero inferiore di fiocchi (12 fiocchi come gli Abati e non 30
come i Cardinali).
[1] A.DIMIER in D.I.P. , col.. 786 DIP
[2] G.BASCAPE’, Insegne e simboli del clero regolare, Ordini, Congregazioni…. ,Roma 1983
[3] interpretazione fornita all’autore dall’abate D. Desiderio Mastronicola OSB.
[4] Spiegazione data dal Venerabile Mauro Puccioli di Perugia (+1650), monaco Olivetano.
[5] GIULIANO FLORIDI, Gli stemmi delleAbbazie di Subiaco e Montecassino, Subiaco 1981.
[6] Il presente articolo è stato tratto dal materiale gentilmente fornito all’autore da Dom A. Le Méhauté dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes.
[7] Quest’ultima interpretazione è l’unico suggerimento che è stato in grado di darmi il Rev. Patrick Regan OSB.
[8] L’argomento è trattato abbastanza diffusamente nel capitolo dedicato ai Francescani.
[9] MARC’ANTONIO GINANNI, L’arte del blasone…, Venezia 1756, pag. 196.
[10] UGO PAOLI, Inter Fratres vol. XXXVI (1986/II) Silvestro Guzzolini e la sua Congregazione, pag. 70-71.
[11]
DIMIER-COCHERIL, Collectanea Ordinis Cisterciensium Reformatorum, Num. 3 - Les
plus Beaux Blasons de l’Armorial Cistercien - 1952, Tomo XVIII 1956.
[12] Indicazioni tratte da materiale gentilmente fornito all’autore da P. Giovan Battista Maria BRIGLIO, Priore della Certosa di Farneta, da D. Luc FAUCHON, Archivista della Grande Chartreuse e da D.Augustin DEVEAUX della Certosa di Sélignac.
[13]
G.VALLIER, Sigillografie de L’Ordre des Chartreux et Numismatique de Saint Bruno,
Montreil-Sur-Mer 1891.
[14] Vedi le voci FRANCESCANI e CANONICI REGOLARI DI S.ANT’ANTONIO DI VIENNE.
[15] Vedi anche V.M.CORONELLI, Catalogo degli Ordini religiosi della Chiesa Militante…, Roma 1707, S.Basilio in Messina, Fig. 107
[16] Per la redazione del presente articolo si è usufruito ampiamente delle indicazioni gentilmente fornite all’autore da P. Marco Petta OSBI, bibliotecario dell’Abbazia di Grottaferrata.