ORDINI 
  MONASTICI
CONGR.  BENEDETTINA CASSINESE
Congregatio Casinensis O.S.B. (1408)
D’azzurro
  a tre colli d’oro in punta, sormontati da una croce patriarcale (a due
  traverse) con la parola PAX d’oro.[1]
Oppure:
D’argento
  (o d’azzurro) a 6 monti all’italiana di verde (3,2,1) sormontati dalla
  Croce latina di nero, caricata sulla base dal motto PAX. Sovente lo scudo è
  sormontato dalla mitra, dal pastorale e dal cappello nero a 12 fiocchi.[2]
Come si evidenzia la descrizione
  dello stemma benedettino tradizionale, oggi privilegio della Congregazione
  cassinese, è diversa a secondo degli autori e le combinazioni di elementi
  araldici dentro e fuori lo scudo sono molteplici.
Dalla “Breve Dechiaratione dell’Arbore Monastico Benedettino” edita a
  Venezia nel 1594 si ricava invece questa descrizione dell’Arme:
“…
  una croce, col Pax, d’oro, sopra tre monti d’oro, in campo turchino”
Difficile quindi affermare quale
  sia lo stemma più “autentico”  dell’Ordine
  benedettino (oggi della Congregazione cassinese, erede della riforma di
  S.Giustina di Padova). Attualmente viene usato ufficialmente lo scudo con i
  tre monti di colore verde in campo azzurro, la croce di 
  Lorena d’oro caricata dalla parola PAX 
  dello stesso.
Altro esemplare  dello
  stemma benedettino  a colori oggi
  usato dalla Congregazione cassinese e da molti monasteri delle diverse
  Congregazioni benedettine.
I tre monti, comuni a molte altre congregazioni benedettine e
  non solo, rappresenterebbero, secondo l’interpretazione più diffusa, il
  Calvario ma, come vedremo, esistono in proposito anche altre interpretazioni. 
Secondo una di queste il monte centrale configurerebbe la
  posizione di Montecassino, situato tra due alture, su cui è posta la croce
  patriarcale di S.Benedetto.[3]
Per altri[4],
  i tre voti monastici di povertà, obbedienza e castità sarebbero molto
  opportunamente rappresentati dalle tre montagne, faticose a scalarsi, per
  raggiungere Gesù crocefisso, “in cui è riposta la nostra perfezione,
  mediante la crocifissione e la morte del nostro io…”.
CONGR.  BENEDETTINA
    SVIZZERA
Congregatio Helvetica O.S.B. (1602)
La Congregazione benedettina
  svizzera,  come altre
  congregazioni in cui l’autonomia delle singole abbazie è molto forte, non
  ha un proprio stemma, ma usa comunque un sigillo particolare che rappresenta
  la vergine “Immacolata” sotto il cui patrocinio è posta la Congregazione.
L’Immacolata è rappresentata con
  il piede destro che schiaccia il serpente (Gn 3, 15). Nell’iconografia
  conosciuta essa appare vittoriosa, rivestita di sole con ai piedi la luna,
  come in questo caso.
CONGR. BENEDETTINA D'AUSTRIA  illustrazione                                                                                       
    
Congregatio Austriaca ab Immacolata Conceptione (1625)
Anche la Congregazione Austriaca è
  dedicata all’Immacolata concezione, ma qui l’iconografia rappresentata nel
  sigillo non corrisponde ai canoni tradizionali di raffigurazione dell’Immacolata.
  L’immagine di Maria è posta all’interno di una fascia in palo con ai lati
  il motto benedettino PAX.
La Vergine Maria è raffigurata in
  posizione orante e l’unico riferimento all’Immacolata
  è rappresentato dalle dodici stelle attorno al capo (Ap 12); mancano infatti
  gli attributi tradizionali del serpente e della luna.
CONGR.  BENEDETTINA
      DI BAVIERA
Congregatio Bavarica O.S.B. (1684)
Scudo bipartito: la parte destra
  porta le armi di Baviera a losanghe azzurre e d’argento alternate “losangato
  d’azzurro e d’argento”, quella sinistra porta le armi di papa
  Innocenzo XI, cioè della famiglia Odescalchi, così descritte:
“D’argento, a tre barre di rosso accompagnate da un leone passante in
  capo e sei  (3, 2, 1) coppe di
  rosso, con il capo dell’impero”
La Congregazione era stata fondata
  da Innocenzo XI il 26 agosto 1684, e sarà poi ricostituita da Pio XI il 5
  febbraio 1858.
CONGR. BENEDETTINA DEL BRASILE
Congregatio Brasiliensis O.S.B. (1827)
Lo stemma della Congregazione
  brasiliana, qui ripreso dal sigillo ufficiale, 
  trae origine probabilmente da quello dell’antica Congregazione
  Portoghese estinta nel 1834 (vedi  voce
  relativa.), da cui si staccò nel 1827, che a sua volta riprende i motivi di
  quello dell’Abbazia di Montecassino.
In realtà lo stemma di
  Montecassino, assieme a quello di Subiaco (che è simile) presenta il leone e
  la torre in posizione invertita rispetto allo stemma adottato prima
  dall’estinta Congregazione Portoghese, poi da quella Brasiliana.
L’Abate Presidente della
  Congregazione Brasiliana, D.Basilio Penido, 
  sostiene che il leone con il pastorale rappresenterebbe San Benedetto,
  mentre la torre  da cui sgorga il
  fiume, l’Abbazia di Montecassino, la  cui
  spiritualità si diffonde sul mondo intero.
In realtà, ricerche storiche
  recenti hanno dimostrato che lo stemma cassinese non è altro che quello
  personale del fondatore San Benedetto, derivante dall’unione del simbolo del
  “Leone”  proprio della
  famiglia Riguardati di Norcia (arma paterna) e della “Torre” della “gens
  Anicia” (arma materna). L’unione dei due stemmi non dovrebbe essere altro
  che la codificazione attestante l’origine genealogica materna e paterna del
  santo fondatore.[5]
L’inserimento del pastorale
  sorretto da tre zampe di leone, presente in alcuni antichi stemmi sublacensi
  sembra rappresenti il potere proprio dell’abate, in quanto scompare con
  l’introduzione della commenda nel XV secolo. Proprio la presenza del 
  pastorale in tali stemmi potrebbe essere l’elemento che ha fatto
  ritenere nel tempo che il leone rappresenti San Benedetto da Norcia e, penso
  per analogia, nella torre è stata identificata l’abbazia di Montecassino,
  da cui si è irradiata l’opera del Santo nel mondo intero.
Elemento nuovo aggiunto nello
  stemma in analisi è invece il “disco solare” che sembra splendere sopra
  la torre e fa da complemento al fiume che sgorga dalla base della stessa. Sono
  assenti invece i due cipressi che affiancano la torre nell’attuale stemma di
  Montecassino e di Subiaco.
CONGR.  BENEDETTINA  
    DI SOLESMES
Congregatio
  Solesmensis O.S.B. (1837)
D’azzurro al pastorale d’argento posto in palo e
  accompagnato da due stelle dello stesso.
Una disposizione del Breve di
  fondazione della Congregazione di Francia ora detta di Solesmes, dal nome
  dell’Abbazia madre, datata 1 settembre 1837, dava alla nuova Congregazione
  benedettina affiliata a quella Cassinese un blasone partito di Montecassino e
  di Solesmes che si leggeva:
“d’azzurro
  alla montagna d’oro sormontata da una croce patriarcale di nero, il motto
  PAX d’oro posto in fascia ai suoi piedi (che è di Montecassino), e di nero
  al pastorale d’argento contornato ed accompagnato da 2 stelle del medesimo
  (che è di Solesmes).”
Questo stemma andrà in disuso a
  partire dal 1921, anno dell’adozione ufficiale 
  dell’attuale stemma dell’Abbazia di S.Pierre di Solesmes, che è
  “inquartato, al I e 4 d’oro
  all’aquila d’azzurro, al 2 e 3 partito d’azzurro seminato di fiordalisi
  d’oro, e di rosso a 3 leopardi d’oro posati l’uno sull’altro, sul
  tutto d’argento ad una spina al naturale”.
Nel 1960, Dom Georges Saget, inviò
  una mozione al Presidente del Capitolo generale in favore della determinazione
  ufficiale delle armi della Congregazione di Francia. Al posto di quelle cadute
  in disuso e di quelle dell’Abbazia di S.Pierre, egli propose di ratificare
  l’uso di servirsi di quelle dell’antico scudo di Solesmes “Di nero al pastorale d’argento posato in palo e accompagnato da due
  stelle dello stesso”.
Di fatto fu adottato lo stemma
  attribuito al Priorato di Solesmes nel 1696 dall’Hozier nel suo famoso “Armorial
  général de France”.
Il 22° Capitolo Generale adottò
  ufficialmente questo blasone, sostituendo il campo nero con un campo azzurro
  in ricordo di Dom Guéranger, restauratore del-l’Ordine Benedettino in
  Francia dopo le soppressioni rivoluzionarie, il quale portava “d’azzurro… alla rosa di rosso fogliata di sinopia, accompagnata
  da 12 stelle d’oro”.
Le due stelle rappresenterebbero
  gli apostoli S.Pietro e S.Paolo, ai quali in origine fu dedicato dai vescovi
  Avesgaud di Mans e Hubert d’Angers il monastero di Solesmes.[6]
CONGR. BENEDETTINA  
    AMERICANA CASSINESE
Congregatio Americana Casinensis O.S.B. (1855)
La Congregazione benedettina
  americana cassinese dichiara di non essere dotata di un proprio stemma
  specifico, ma si è riscontrato che fa uso dell’emblema sopra raffigurato
  che rappresenta l’aquila americana, ma con le ali abbassate, accollata dal
  tradizionale scudo cassinese con la croce patriarcale sopra i tre monti
  all’italiana e il motto PAX.
L’Aquila, Re degli uccelli,
  compagno di Giove custode della folgore, in araldica è il simbolo della Maestà
  e della Vittoria, della forza e del potere sovrano, ed è anche il simbolo
  degli Stati Uniti d’America, adottato ufficialmente nel 1782.
Nello stemma qui raffigurato,
  l’Aquila stringe un ramoscello d’olivo nell’artiglio destro e tre frecce
  con la punta rivolta verso il basso in quello sinistro. Nello stemma
  statunitense invece le frecce sono 13 e rivolte verso l’alto. L’olivo e le
  frecce rappresentano il potere di guerra e di pace.
CONGR. BENEDETTINA SUBLACENSE
Congregatio Sublacensis O.S.B. (1872)
La Congregazione Benedettina
  Sublacense usa un emblema privo di smalti e colori,  che raffigura la croce patriarcale sui tre monti
  all’italiana con il motto PAX dei Cassinesi (da cui trae origine) posta su
  tre linee increspate come onde che probabilmente vogliono simboleggiare il
  mare (essendo la Congregazione diffusa in tutti i continenti).
Non si è a conoscenza di quando
  l’emblema sia stato adottato ed usato dalla Curia generalizia della
  Congregazione.
CONGR.  BENEDETTINA  
    ELVETO-AMERICANA
Congregatio Helveto-Americana O.S.B. (1881)
Il Sigillo ufficiale a secco della
  Congregazione,  contiene al suo
  interno uno scudo araldico quadripartito di interpretazione piuttosto
  difficile.
Nel I° porta il motto PAX e i tre
  chiodi della passione all’interno di una corona di spine, molto simile
  all’emblema dei Maurini, il 2° un fiore a cinque lobi che assomiglia molto
  alla rosa di Dom Guéranger , il 3° una croce latina che ricorda il simbolo
  della Svizzera e il 4° un fiordaliso.
Se l’inserimento della croce
  svizzera è facilmente comprensibile, vista l’origine della Congregazione
  che rimane nella denominazione stessa, per i restanti tre simboli la
  motivazione potrebbe essere la seguente.
Il motto PAX nella forma descritta
  potrebbe riferirsi semplicemente all’Ordine Benedettino, senza agganci
  particolari alla Congregazione maurina, con la quale non si vedono motivi di
  collegamento.
La rosa a cinque petali potrebbe
  indicare una deformazione, dettata dall’uso di questo simbolo fatto in
  America dai numerosi monasteri benedettini di origine solesmiana, del fiore a
  4 petali che l’angelo al centro dello stemma dell’Abbazia madre di
  Engelberg in Svizzera, tiene nella mano sinistra.
Il fiordaliso potrebbe
  rappresentare l’America, posta sotto il patronato dell’Immacolata
  Concezione.[7]
CONGR.  BENEDETTINA  
    DI SANT'OTTILIA
Congregatio Ottiliensis O.S.B. (1884)
Scudo bibartito, nella parte superiore di rosso crociato d’argento e in
  quella inferiore di nero ad un candelabro a cinque braccia d’oro cimato da
  cinque candele accese.
Motto: LUMEN CAECIS
Lo stemma, creato dal primo abate
  P. Norbert Weber, vuole significare l’amore (di rosso) che porta la luce di
  Cristo (la croce argentata) nella notte (di nero) ai cinque continenti (il
  candelabro a cinque braccia). Infatti la Congregazione, pur essendo monastico
  benedettina è ad indirizzo missionario.
Il motto LUMEN
  CAECIS (Illumina il buio) riassume la simbologia dello stemma ed è
  anche un riferimento alla patrona dell’ordine Sant’Ottilia d’Alsazia;
  nata cieca e miracolata durante il battesimo da San Erhard di Regensburg,
  divenne,  dopo varie traversie
  familiari, monaca benedettina ed abbadessa. 
CONGR.  BENEDETTINA
    DELL'ANNUNZIATA
Congregatio ab Annunciatione B.M.V. (1920)
Il sigillo della Congregazione non
  rispecchia alcuna norma araldica e raffigura l’Annunciazione dell’Angelo
  alla Vergine Maria..  Al centro,
  sopra le due figure è posto lo Spirito Santo in forma di colomba e, ai piedi,
  la data di fondazione della Congregazione, a.d. 1920.
Questa è stata posta sotto il
  patronato dell’Annunciazione della B.M.V. su suggerimento dell’Abate
  Marmion OSB quando la Congregazione “Belga” si separò dalla Congregazione
  “Germanica” di Beuron.
CONGR.  BENEDETTINA
    OLIVETANA    illustrazione                                                                                   
    
Congregatio S.Mariae Montis Oliveti, O.S.B. (1313)
D’azzurro
  al monte di tre cime d’argento, sormontato da una croce di rosso o di nero,
  affiancata da 2 rami di ulivo verde uscenti dalle cime laterali.
  
Trattasi del primo esempio che
  incontriamo di uno stemma dell’abbazia madre (Monte Oliveto Maggiore) che
  diventa emblema proprio della Congregazione ed anche delle singole abbazie
  appartenenti alla stessa. Come vedremo, in altri casi simili (Congregazione
  Camaldolese, Vallombrosana), alcune importanti abbazie storiche conserveranno
  invece un proprio stemma autonomo diverso da quello della Casa madre e della
  Congregazione.
E’ chiaramente un esempio di
  stemma “parlante” che unisce i tradizionali elementi benedettini dei tre
  monti sormontati dalla croce ai rami di olivo (Monte Oliveto).
Si riporta l’interpretazione che
  ne diede il ven. Mauro Puccioli di Perugia (+1650).
‹‹Osserviamo il nostro stemma;
  io noto in primo luogo le montagne, sono luoghi solitari adatti alla
  preghiera. E’ sul Monte degli Ulivi che Gesù pregava il Padre…. Così noi
  saremo veri discepoli di Gesù se ci applicheremo alla preghiera. La croce
  rossa ci propone come oggetto di contemplazione la passione di nostro Signore,
  che in realtà è il soggetto di orazione più ovvio, più facile e più
  utile… Ma vi sono inoltre i due ramoscelli di ulivo che ornano i due monti
  laterali… i due ramoscelli ci richiamano a dover fruttificare nella chiesa
  come olivo per la salvezza del prossimo: “Io sono nella casa di Dio come
  olivo carico di frutti”… I suoi rami pendenti ed inclinati, tanto più
  quanto maggiormente carichi di raccolto, c’insegnano ad essere molto umili e
  obbedienti. Non tollerando ai suoi piedi altre piante, quest’albero
  simbolizza la povertà. La castità è invece rappresentata dal suo legno che
  resiste alla corruzione. I tre voti sono molto opportunamente rappresentati
  dalle tre montagne faticose a scalarsi, poiché bisogna operare sforzi per
  raggiungere Gesù Crocifisso, in cui è riposta la nostra perfezione, mediante
  la crocifissione e la morte del nostro io…››
Come si può dedurre, 
  l’interpretazione dei simboli è molto ricca e spesso soggettiva,
  legata alla spiritualità propria di ciascun Ordine e al contesto dei singoli
  periodo storici di riferimento.
CONGR.  BENEDETTINA
    VALLOMBROSANA
Congregatio Vallis Umbrosae Ordinis S.Benedicti 
  (1039)
D’azzurro
  ad un bastone o gruccia a forma di Tau  posto
  in palo cimato da due teste di leone d’oro, sostenuto da un braccio al
  naturale rivestito da una cocolla nera (anticamente tanè), lo scudo timbrato
  da una mitra e sormontato da un cappello nero a 12 fiocchi.
Al di sotto cartiglio con il motto: DISCIPLINA
  PACIS.
Tale motto comincia ad essere usato
  saltuariamente ai primi del secolo scorso. 
Il colore della manica è variato
  con il variare del colore dell’abito nei secoli: da tanè, simile al marrone bruciato, al grigio scuro e poi al nero.
Il braccio che stringe la gruccia a
  forma di Tau è probabilmente quella di S. Giovanni Gualberto, fondatore
  dell’Ordine Vallombrosano. Il bastone era senz’altro l’attributo degli
  eremiti (i primi monaci della congregazione erano eremiti) ma non si conosce
  il significato delle due teste di leone. Non si sa se l’impugnatura a forma
  di Tau sia da porsi in riferimento ai complessi significati che aveva
  anticamente questo simbolo.[8]
Le principali abbazie espongono
  generalmente stemmi propri, a volte bipartiti con quello della Congregazione
  (in pratica quello dell’Abbazia-madre di Vallombrosa.
CONGREGAZIONE CAMALDOLESE
    O.S.B.
Congregatio Camaldulensis O.S.B. (980)
D’azzurro,
  al calice d’oro, sormontato da una stella o da una cometa d’oro; al calice 
  si abbeverano due colombe d’argento affrontate.
Motto: EGO VOBIS, VOS
  MIHI
Lo stemma camaldolese è
  sostanzialmente formato da due colombe rampanti ai lati di un calice d’oro,
  o sull’orlo di esso in atto di abbeverarsi. In origine era il sigillo del
  priore di Camaldoli, ma non aveva uno schema definitivo, per cui si notano
  particolarità anche di rilievo. Le colombe stesse sembra che fossero stati
  pavoni, simbolo dell’immortalità e poi della resurrezione della carne. Le
  due colombe col calice diventano poi lo stemma della Congregazione per l’uso
  che ne faceva il priore di Camaldoli, il quale era anche superiore generale.
Col secolo XVII appare sopra il
  calice la cometa. Poi il cappello prelatizio, le insegne pontificali, mitra,
  pastorale e il motto.
Diverse
  sono in questo caso le interpretazioni: un’antica tradizione ha voluto
  vedere nello stemma il simbolo dell’ascesi camaldolese: la vita attiva
  (monaci) e la vita contemplativa (eremiti) sotto le sembianze delle due
  colombe che bevono nello stesso calice, Cristo. E’ questa una
  interpretazione certamente fantasiosa e probabilmente le due colombe e il
  calice derivano da un simbolo eucaristico, noto nell’alto medioevo, che è
  identico a quello camaldolese. Anche un mosaico del V secolo a Ravenna porta
  due colombe in atto di bere ad una fonte, probabilmente una visione allegorica
  dei fedeli rigenerati dalle acque battesimali.
Sul sarcofago di S.Ambrogio a Milano, due colombe in atto di bere ad un
  calice sono un’allusione al Sacramento dell’Eucarestia.
Un’altra interpretazione non
  molto accreditata sostiene che lo stemma camaldolese trarrebbe origine da
  quello della famiglia Sassi di Ravenna da cui sembra provenisse San Romualdo,
  dopo aver sostituito il colle di mezzo con il calice e i due leoni rampanti
  con le due colombe.[9]
Lo stemma descritto, venne adottato
  da tutte le Congregazioni camaldolesi ad eccezione di quelle di Fonte Avellana
  e di Monte Corona e innalzato da quasi tutti i monasteri; a volte in quelli
  storici ed aggregati in seguito all’Ordine (come nel caso di S.Maria degli
  Angeli a Firenze e Sant’Apollinare in Classe a Ravenna) affiancato da quello
  proprio dell’Abbazia.
CONGR.  BENEDETTINA
    SILVESTRINA
Congregatio Silvestrina O.S.B. (1231)
Le più antiche raffigurazioni
  dello stemma della Congregazione si trovano in due codici della metà del
  secolo XV, conservati nella Staatsbibliothek
  der Stiftung Preussischer Kulturbesitz di Berlino e nella British Library di Londra.
Tale stemma è costituito da uno
  scudo gotico sormontato da una mitra. Nel campo dello scudo di colore azzurro
  o d’argento si erge un monte di tre cime di rosso: dietro quella centrale,
  più elevata, appare un pastorale d’oro e dai lati della medesima spuntano
  due steli di rosa.
Probabilmente esso venne adottato
  in seguito alla bolla Exposcit tuae
  devotionis del 30 aprile 1449 con cui il papa Nicolò V concesse al priore
  generale Stefano di Antonio da Castelletta e ai successori nel governo
  dell’Ordine l’uso delle insegne pontificali.[10]
Se è chiaro il riferimento
  all’eremo di Montefano presso Fabriano, casa madre della Congregazione, la
  stessa cosa non si può dire per quanto riguarda il monte centrale sul quale
  è posto il pastorale. Difficile infatti spiegare la presenza delle due rose
  rosse. Potrebbe essere stato preso a modello lo stemma di Monte Oliveto,
  sostituendo i ramoscelli di olivo con le rose, 
  noto simbolo mariano.
CONGR.  BENEDETTINA  
    DEL CONO SUR
Congregatio Coni Australis de Sancta Cruce O.S.B.
  (1970)
La Congregazione benedettina
  sudamericana del Cono Sur intitolata alla Santa Croce, di recente
  costituzione,  non è dotata di un
  vero stemma ma usa un sigillo molto semplice con una croce latina. Ai quattro
  angoli di intersezione della croce è posta la scritta dedicatoria “DE
  LA SANTA CRUZ”.
CONGR. DEGLI EREMITI CAMALDOLESI
DI MONTE CORONA
Congregatio  Eremitarum
  Camaldulensium Montis Coronae: E.C.M.C. (1523)
D’azzurro
  (o d’argento) al monte di tre cime di verde sostenente una croce di rosso 
  entro una corona radiante d’oro e accostato dalle lettere M C.
Trattasi di un chiaro esempio di
  “arma parlante” (Monte Corona).
  Lo stemma della croce sui tre monti fu adottato nel 1525 per sottolineare la
  diversità dai Camaldolesi. Più tardi fu aggiunta una corona per ricordare il
  nome del monte sul quale era stato edificato l’eremo principale della
  Congregazione.
Tutti gli eremi, ad esclusione di
  quello di Monte Rua, che è dotato di un proprio stemma, hanno sempre usato
  quello della Congregazione.
MECHITARISTI
Ordo Mechitaristarum Venetiarum, Monachorum Armenorum
  sub Regula S.Benedicti. (1701)
Ordo Mechitaristarum Vindobonensis: C.M.V. (1773)
Lo stemma della Congregazione
  Mechitarista, di origine armena, presenta diversi elementi simbolici la cui
  spiegazione mi è possibile grazie alle indicazioni gentilmente inviatami da
  P. Giuseppe  Behsnilian del
  Monastero di S.Lazzaro degli Armeni di Venezia.
L’angelo che sovrasta lo stemma vuole significare che la vita
  monastica è un dono di Dio, una società non naturale ma di carattere
  soprannaturale.
La campana vuole simboleggiare l’obbedienza.
La fiamma, l’ardore che deve animare coloro che sono chiamati ad una
  vita di servizio nella casa di Dio.
Il bastone rappresenta il pastorale che i monaci sacerdoti armeni
  portano in segno di potestà ricevuta per la predicazione.
Il libro rappresenta la dedizione alla scienza, prima quella sacra e
  poi quella profana, per poter meglio evangelizzare il popolo armeno attraverso
  la sua propria cultura.
Vi sono poi quattro lettere nello
  stemma:
Quella superiore è una U
  e vorrebbe significare “figli”.
Quella a sinistra è una G
  e vorrebbe significare “della Vergine”.
Quella in basso è una V
  e sta per “dottore” cioè insegnante predicatore.
Quella a destra è una A
  vale a dire “di penitenza”.
Quindi “Figli della Santa
  Vergine, predicatori di penitenza”.
Per tale ragione lo stemma è
  costellato di croci che stanno a significare l’impossibilità della vera
  sequela di Gesù, se non attraverso la croce e la penitenza.
Dopo la divisione dell’Ordine
  Mechitarista in due Congregazioni nel 1773, quella Veneziana e quella
  Viennese, nell’uso si sono affermati due stemmi leggermente diversi, anche
  se sostanzialmente contenenti la gran parte degli elementi presenti in quello
  originario, oggi usati dalle due Curie generalizie e riprodotti qui di
  seguito.
Il primo, della Congregazione di
  Venezia, presenta uno scudo azzurro con una croce mechitarista d’oro al
  centro dei quattro simboli tradizionali, lo scudo timbrato da una corona
  d’oro e accollato da due pastorali, uno di forma latina e uno orientale.
Il secondo, della Congregazione di
  Vienna, presenta la croce mechitarista con i quattro simboli, ma priva dello
  scudo araldico e sostenuta da due rami d’olivo.
ORDINE CISTERCENSE
Ordo Cistercensis: O.Cist. (1098)
Ordo Cistercensium Strictoris Observantiae: O.C.S.O.
  (1664)
D’azzurro seminato di gigli d’oro, caricato in
  cuore da uno scudetto bandato d’oro e d’azzurro di 6 pezzi, alla bordura
  di rosso.
Si tratta semplicemente
  delle antiche armi del Ducato di Borgogna posate in cuore su quelle antiche
  del Regno di Francia. Infatti l’Ordine ha semplicemente adottato lo stemma
  dell’abbazia madre di Citeaux, situata in Borgogna.
Nello stemma ufficiale
  usato dalla Curia Generalizia il campo seminato di gigli non è ben riuscito
  graficamente e questi sembrano formare una bordura attorno allo scudo
  centrale. Nello stemma a fianco, qui rappresentato a colori, si dà invece una
  corretta rappresentazione dello scudo cistercense.[11]
Lo scudo è timbrato dalla mitra e da due pastorali posti in
  decusse. Sotto, in un cartiglio, il motto: CISTERCIUM MATER
  NOSTRA.
G.Bascapè afferma
  essere lo stemma dei Cistercensi italiani: di
  nero alla banda scaccata d’argento e di rosso, ma questa è l’arma
  propria dei Signori di Fontaines. Quindi è quella personale di San Bernardo
  di Chiaravalle, ritenuto il fondatore dell’Ordine, che eserciterà una
  notevole influenza nell’araldica cistercense soprattutto in Italia, in
  Svizzera, in Spagna e in Portogallo.
A
  causa della sua notevole diffusione, anche diversi autori di importanti lavori
  specialistici, fra i quali Galbreath e Heim hanno spesso confuso lo stemma
  della famiglia feudale dei Fontaines, ai quali apparteneva San Bernardo, con
  lo stemma dell’Abbazia di Clairvaux (Chiaravalle) o addirittura con quella
  di Citeaux.
Sia l’ordine
  Cistercense, sia quello riformato della Stretta Osservanza (detti anche Monaci
  trappisti, dalla famosa riforma dell’Abbazia della Trappa) hanno adottato lo
  stemma di Citeaux.
Le 12 Congregazioni 
  aderenti all’Ordine Cistercense oggi esistenti non hanno stemmi
  propri ed usano quello dell’Ordine; farebbe eccezione la Congregazione della
  Corona d’Aragona che ne era dotata anticamente (è stata 
  ricostituita solo nel 1987). Dell’antico stemma di questa parleremo
  unitamente a quelli di altre Congregazioni cistercensi della penisola iberica
  estinte.
CERTOSINI
Ordo Cartusiensis (1084)
D’argento
  al globo d’azzurro,(talvolta i colori sono invertiti) fasciato d’oro e
  sormontato da una crocetta d’oro. Il globo è recinto da una cerchia di 7
  stelle d’oro e dal Motto: STAT
  CRUX DUM VOLVITUR MUNDUS.
Trattasi dell’attuale
  stemma della “Grande Chartreuse”, Casa Madre dell’Ordine Certosino. Ai
  primordi dell’Ordine si usò solo la croce patente quale emblema sui sigilli
  della Grande Certosa. Il globo terrestre sormontato dalla croce, ha fatto la
  sua comparsa solo nel XIII secolo. Le stelle al di sopra del globo
  cominciarono a figurare sui sigilli o sulle stampe solo nel corso del XVII
  secolo. Quanto al motto, si rinviene la prima volta verso il 1600 ed è
  rimasto poco usato prima del XIX secolo. In precedenza si trovava la scritta Mundus
  mihi cruxifixus est.
Il Capitolo generale
  dell’Ordine non ha mai adottato uno stemma ufficiale accontentandosi
  semplicemente di usare quello della Casa Madre.
In realtà, in passato,
  vennero utilizzati anche altri stemmi non ufficiali come il monogramma CAR
  (Cartusia) intrecciato ad una croce latina, molto usato in Italia nei sigilli
  e negli stemmi delle singole Certose) e
  anche un elaborato ed “affollato” scudo, con una croce latina centrale
  contornata da tutti gli attributi noti della passione, quali: la corona di
  spine, i 3 chiodi, la targa con la scritta INRI, la spugna , la lancia di
  Longino,  il gallo che canta su
  una colonna, le tenaglie, il martello posto in decusse con lo staffile e i
  dadi in numero di 3. 
Il significato dello
  stemma certosino  si presta a
  diverse interpretazioni  qui
  rappresente: [12]
Le stelle
  ricordano i primi sette Certosini e il sogno premonitore delle sette stelle
  avuto da Sant’Ugo, vescovo di Grenoble.
La croce
  che sta salda sul mondo simboleggia la fermezza, la stabilità
  dell’Ordine che nel continuo agitarsi di uomini, di idee, di cose, per nove
  secoli non è stato oggetto di alcuna riforma.
Secondo altri, lo
  stemma vorrebbe significare che la croce ritta al di sopra del turbine delle
  cose umane che passano, dei piaceri umani che sono effimeri, delle vanità
  umane che periscono, la croce eretta, alta, immobile è portata, sostenuta,
  elevata non dal mondo instabile, bensì da anime stabili nei loro propositi,
  consacrate alla preghiera, votate al sacrificio come, per vocazione sono i
  Certosini, amanti della croce, chiamati ad esaltarla al di sopra del mondo
  mediante la loro vita di penitenza.
Ogni singola Certosa
  aveva ed ha poi il suo sigillo, a volte un vero e proprio stemma, su cui
  generalmente figurano le armi del fondatore o quelle del Santo titolare o
  patrono della Casa.[13]
MONACI DI S.PAOLO      
    PRIMO EREMITA
Ordo Fratrum S.Pauli Primi Eremitae:
  O.S.P.P.E. (1215)
Lo stemma dell’Ordine
  dei Paolini nel corso dei secoli è stato sottoposto ad un’evoluzione
  considerevole. Secondo le osservazioni dello storico P. Janusz Zbudnieweg
  O.S.P.P.E. di Jasna Góra, da questo gentilmente trasmesse all’autore, sino
  alla fine del XVI secolo i Generali sigillavano i documenti con le figure del
  patriarca San Paolo Primo Eremita e con quella del legislatore
  Sant’Agostino. Tra le due figure si trovava una palma simbolica e sopra di
  essa la madre di Dio con il Bambino. Questo stemma si incontra nei documenti
  dell’anno 1634 (Archivio Vaticano, Visite e Collegi 1634 T. 12 K. 141 V.).
Su un documento del
  1534 appaiono anche San Paolo e Sant’Agostino con un libro in mano, sopra di
  essi la Madre di Dio e, per la prima volta, un corvo nero con un pane nel
  becco; in mezzo viene collocata una palma. (Archivio di Jasna 
  Góra, coll. 2271, pag. 1)
Nel Rubrica
  Generalis fratrum S.Pauli I Eremitae, Cracovia 1536, si incontrano San
  Paolo ed S.Antonio Abate con sullo sfondo le palme e un corvo con un pane.
Nel secolo XVIII, in un
  ovale araldico diviso in quarti, si vedono una palma (al I° e al 4°) e un
  leone rampante verso il centro (al 2° e al 3°) con al centro, in uno scudo,
  un corvo con un pane. Questo stemma ebbe origine probabilmente in Ungheria ed
  è quello attualmente usato. 
Il motto è: SOLUS
  CUM DEO SOLO.
A partire dal XIX
  secolo, veniva invece usato uno stemma con una palma al centro fra due leoni
  affrontati appoggiati alla stessa con le zampe anteriori e, sopra di essa, un
  corvo con un pane nel becco (vedi fig. 4).
Nato a Tebe, probabilmente
  nell’anno 230, Paolo fuggì nel deserto durante la persecuzione di Decio
  ove, secondo la tradizione trasmessaci da San Girolamo, dimorò per 90 anni
  cibandosi del pane che gli veniva portato da un corvo.
I riferimenti all’opera di San
  Girolamo sulla vita di San Paolo primo Eremita sono quindi evidenti nel corvo
  con il pane nel becco e, come vedremo, nei due leoni.
“Quando
  S.Paolo e S.Antonio che erano amici apparivano insieme erano sempre
  accompagnati da un corvo che portava un pezzo di pane ogni giorno nella loro
  grotta”
E sempre leggendo San Girolamo, i
  leoni aiutarono Sant’Antonio a seppellire l’amico:
“Proprio
  quando Sant’Antonio stava ponderando come dovesse seppellire il suo amico, i
  due leoni giunsero di corsa, con le criniere svolazzanti, dal deserto interno,
  e si diressero verso di lui. …. Vennero diretti al corpo di San Paolo e si
  fermarono presso di lui dimenando le code, poi si accucciarono ai suoi piedi,
  ruggendo potentemente…. Poi, andando un po’ in disparte,
  essi cominciarono a scavare la terra con
  le zampe, gareggiando tra di loro per sollevare la sabbia, finchè ebbero
  scavata una tomba abbastanza spaziosa per un uomo”.
Anche se è chiaro il riferimento
  all’opera di San Girolamo, l’autore non può fare a meno di rilevare come
  iconograficamente lo stemma di cui alla figura 3 riprenda l’emblema della
  figura 2 in cui i Santi Antonio e Paolo sembrano sostituiti dai due leoni. Il
  leone è simbolo araldico per eccellenza di molte virtù e, come vedremo più
  avanti, di San Girolamo stesso.
ANTONIANI      
    (Ordine Antoniano Maronita)
Ordo Antonianorum Maronitarum: O.A.M. (1700)
L’Ordine Antoniano Maronita (il
  solo fra gli Ordini Antoniani di cui sono riuscito a procurarmi il sigillo)
  non ha un proprio stemma. Il priore generale usa un sigillo che presenta il
  tradizionale Tau, simbolo di
  S.Antonio Abate, di cui si è trattato diffusamente in altre parti
  dell’opera [14]
  contornato dalla scritta in aramaico e in francese “Superior general Antonin Maronite”. 
Al centro, al di sotto del Tau, si
  legge in lingua araba, come mi riferisce Fr. Cesar    Ashkar del Superiorato generale di Beirut: “Servo,
  Superiore generale dell’O.A.M.”
ORDINE BASILIANO ITALIANO di Grottaferrata
Ordo Basilianus Italiane, seu Cryptoferratensis :
  O.S.B.I. (1579)
Trattasi di uno stemma composito
  che unisce in un’unica raffigurazione lo stemma del Monaci basiliani di
  Grottaferrata e dell’Abbazia stessa.
Nel campo superiore dello scudo
  abbiamo una colonna fiammeggiante
  contornata dalla dicitura in greco “TALE E’ IL GRANDE BASILIO”,
  che è il motto dei Basiliani italiani [15].
  Questo simbolo è proprio della Congregazione dei Monaci di San Basilio (a.
  1579) e fa riferimento al Santo, vera colonna per il suo zelo e per la sua
  dottrina.
Nel campo inferiore abbiamo la
  figura di una Vacca con vitello poppante,
  simbolo dell’ospitalità che offre il monastero; sotto vi è il monogramma N,
  cioè NEIΛOC
  = San Nilo, il fondatore del monastero nel 1004.
L’autore ritiene che possa
  esservi anche un riferimento alla colonna di fuoco che di giorno guidava il
  popolo ebreo nella marcia attraverso il deserto verso la salvezza, fuori dalla
  schiavitù d’Egitto. (Es 13,21 s.)
Il supporto vegetale è costituito da edera, pianta sempreverde e ben
  radicata il cui significato allegorico è facilmente intuibile.
Per quanto riguarda la Croce e il
  Pastorale bisogna ricordare che la Badia è fin dalla fondazione legata alla 
  tradizione liturgica bizantina. La croce
  ricorda lo status giuridico di “Monastero esarchico”, esentato cioè dalla
  giurisdizione del vescovo locale. Tale privilegio, nella tradizione bizantina,
  viene conferito mediante l’impianto simbolico di una croce.
Anche il pastorale e la mitra sono
  quelli bizantini, ed i due serpenti che si fronteggiano ai lati del globo
  crocifero in cima al bastone simboleggiano le virtù, in particolare la
  prudenza, di cui deve essere adornato il Gerarca (Vescovo o Archimandrita).[16]
ORDINE BASILIANO             DI
    S. GIOSAFAT
Ordo Basilianus S. Iosaphat: O.S.B.M. (1617)
Lo stemma dell’ordine Basiliano
  di San Giosafat rappresenta all’interno di un ovale una pira posta sul globo
  che arde di un fuoco fiammeggiante. Al di sopra, un sole radiante con la
  scritta IXC (Gesù Cristo). 
  Completano lo stemma una bordura di rami di quercia e d’olivo, che
  simboleggiano forza,  perseveranza
  e pace.
E’ difficile interpretare il
  significato qui dato al fuoco, (che
  non sembra comunque essere la colonna fiammeggiante di S.Basilio) se antico
  simbolo di vita e di luce eterna oppure emblema dello Spirito Santo che si
  irradia sul mondo intero.
ORDINE BASILIANO         DEL SS. SALVATORE         
    DEI MELKITI
Ordo Basilianus Ssmi Salvatoris Melkitarum: B.S.
  (1684)
Il sigillo dell’Ordine Basiliano
  del Santissimo Salvatore dei Melkiti riporta, attorno allo stemma propriamente
  inteso, il nome dell’Ordine, sopra in lingua araba e sotto in francese, con
  l’indicazione anche della sede del Superiore generale (SAIDA
  in LIBANO).
L’interno del sigillo con lo
  stemma è tripartito. Nel campo superiore, in campo d’argento, abbiamo il Cristo
  Salvatore, a cui è dedicato l’Ordine; il campo inferiore è bipartito
  con al centro una colonna fiammeggiante sormontata da una colomba (lo Spirito Santo), entrambi simbolo di San Basilio il
  Grande.
Sul lato destro di questa, in campo
  rosso, troviamo il pastorale e su
  quello sinistro, in campo azzurro, la mitra,
  naturalmente entrambi nella forma prevista dal rito bizantino, attributi che
  spettano al Padre generale in quanto Abate.
  MONACI
    GEROLAMINI     
Ordo Sancti Hieronymi: O.S.H. (Sec. XIV)
L’attuale stemma dei Monaci
  Gerolamini rappresenta un leone andante verso destra,accollato ad una croce
  patriarcale. Il tutto è sormontato da una cappello cardinalizio a 30 fiocchi.
  Ai suoi piedi un cartiglio con la scritta ORD· S· HIERONYMI.
Il cappello cardinalizio è uno
  degli attributi di S.Girolamo assegnatoli dai pittori, senza alcuna attinenza
  alla realtà storica, come d’altronde il leone, probabilmente perché il
  Santo, in virtù della sua sapienza e dei suoi meriti ha meritato il titolo di
  dottore della Chiesa.
Il leone, che nell’iconografia
  pittorica è quasi sempre presente ai piedi del Santo, secondo una leggenda
  apocrifa fu guarito da Girolamo, che gli aveva tolto una spina dalla zampa e,
  per questo, serbò sempre fedeltà e riconoscenza.
I Monaci Gerolamini, assieme ad
  altri Ordini oggi estinti che portavano questo nome, si fregiarono del suo
  patronato, ma queste dipendenze erano puramente letterarie e non 
  fondate su alcuna continuità storica.
L’attuale stemma si presenta
  araldicamente piuttosto infelice e asimmetrico. In passato veniva usato uno
  stemma in cui era raffigurato un leone rampante, araldicamente corretto,
  situato all’interno di uno scudo, accollato da una croce patriarcale e
  sormontato dal cappello cardinalizio a 30 fiocchi (5,4,3,2,1).
Nei secoli scorsi non mancano
  comunque esempi documentati dell’uso di stemmi diversi, come nel caso qui
  sotto riprodotto, dove il leone è rappresentato in posizione accovacciata
  sotto la Croce patriarcale, il tutto è sormontato dal cappello prelatizio,
  però con un numero inferiore di fiocchi (12 fiocchi come gli Abati e non 30
  come i Cardinali). 
 
  
[1] A.DIMIER in D.I.P. , col.. 786 DIP
[2] G.BASCAPE’, Insegne e simboli del clero regolare, Ordini, Congregazioni…. ,Roma 1983
[3] interpretazione fornita all’autore dall’abate D. Desiderio Mastronicola OSB.
[4] Spiegazione data dal Venerabile Mauro Puccioli di Perugia (+1650), monaco Olivetano.
[5] GIULIANO FLORIDI, Gli stemmi delleAbbazie di Subiaco e Montecassino, Subiaco 1981.
[6] Il presente articolo è stato tratto dal materiale gentilmente fornito all’autore da Dom A. Le Méhauté dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes.
[7] Quest’ultima interpretazione è l’unico suggerimento che è stato in grado di darmi il Rev. Patrick Regan OSB.
[8] L’argomento è trattato abbastanza diffusamente nel capitolo dedicato ai Francescani.
[9] MARC’ANTONIO GINANNI, L’arte del blasone…, Venezia 1756, pag. 196.
[10] UGO PAOLI, Inter Fratres vol. XXXVI (1986/II) Silvestro Guzzolini e la sua Congregazione, pag. 70-71.
[11]
    DIMIER-COCHERIL, Collectanea Ordinis Cisterciensium Reformatorum, Num. 3 - Les
    plus Beaux Blasons de l’Armorial Cistercien - 1952, Tomo XVIII 1956. 
[12] Indicazioni tratte da materiale gentilmente fornito all’autore da P. Giovan Battista Maria BRIGLIO, Priore della Certosa di Farneta, da D. Luc FAUCHON, Archivista della Grande Chartreuse e da D.Augustin DEVEAUX della Certosa di Sélignac.
[13]
    G.VALLIER, Sigillografie de L’Ordre des Chartreux et Numismatique de Saint Bruno,
    Montreil-Sur-Mer 1891.
[14] Vedi le voci FRANCESCANI e CANONICI REGOLARI DI S.ANT’ANTONIO DI VIENNE.
[15] Vedi anche V.M.CORONELLI, Catalogo degli Ordini religiosi della Chiesa Militante…, Roma 1707, S.Basilio in Messina, Fig. 107
[16] Per la redazione del presente articolo si è usufruito ampiamente delle indicazioni gentilmente fornite all’autore da P. Marco Petta OSBI, bibliotecario dell’Abbazia di Grottaferrata.